Francesco Consiglio, scrittore voce del grottesco italiano, è uno dei pochi autori che hanno fatto di questo genere la voce identitaria della loro scrittura.
Sicché i suoi romanzi, pur presentando alcune affinità con quelli di Frédéric Dard, Chuck Palahniuk e Alejandro Jodorowsky, rappresentano certamente un unicum nel panorama italiano.
Dopo avere frequentato il liceo classico Empedocle di Agrigento, Consiglio si è trasferito a Roma dove ha lavorato in teatro, come autore e regista e presso un’agenzia fotografica.
Col passare degli anni ha affiancato a queste attività quella di scrittore. Il suo primo romanzo, del 2010, è Qualunque titolo va bene, cui hanno fatto seguito, nel 2014 Le molecole affettuose del lecca lecca e nel 2018 Ammazza la star, opere caratterizzate dalla narrazione di eventi bizzarri e surreali.
Le tre età nei libri di Francesco Consiglio
Francesco Consiglio, scrittore dalle interessanti sfaccettature, si fa vanto di non prendersi troppo sul serio, ma nel suo tentativo di divertire il lettore, compie in Ammazza la star (Castelvecchi) una operazione quasi spericolata: inventa il personaggio di uno spietato serial killer, e dopo averne raccontato i delitti con dovizia di particolari e molte citazioni del genere horror-splatter, pagina dopo pagina lo caricaturizza alla maniera aperta e grottesca dei creatori di cartoon, facendolo apparire un simpatico perdente.
Ammazza la star è un romanzo di difficile definizione. Troppo romanzesco per essere un thriller, troppo dichiaratamente sfacciato per rientrare nei canoni del giallo classico dove lo scrittore sfida l’intelligenza del lettore, invitandolo a risolvere un mistero e trovare un colpevole. Consiglio non rispetta le convenzioni del genere e preferisce concentrarsi sulle motivazioni psicologiche e le deviazioni mentali del suo protagonista, un bizzarro serial killer, la cui identità è svelata fin dalle primissime pagine.
Francesco Cozzamara è un cinquantenne disoccupato, legato da vent’anni a una donna da cui non si sente più sessualmente attratto, sfoga le sue frustrazioni giocando ossessivamente a un videogame che propone, come obiettivo, lo sterminio di giovani donne tra i corridoi di treni in corsa.
Ma i piani paralleli di finzione e realtà sono molto confusi, e la linea ferrata che congiunge Lanciano a Pescara si macchia di sangue. La narrazione, carica di quella dose di grottesco che ha sempre contraddistinto i lavori di Consiglio – basti pensare che il serial killer compie i suoi omicidi mediante una mitraglietta che si è impiantata sul pene – analizza molti aspetti della catastrofe sociale contemporanea: la grigia vita di provincia che tende a omologare le personalità, il senso d’inadeguatezza che attanaglia chi non riesce a trovare lavoro, le vite consumate cibandosi di spazzatura televisiva, la disperazione di chi non vede avverarsi su di sé la profezia del visionario artista Andy Warhol: “Nel futuro tutti potranno essere famosi per 15 minuti“.
Nelle Molecole affettuose del lecca lecca (Baldini e Castoldi), Francesco Consiglio, scrittore eclettico come pochi, tesse la trama di tre anni di vita di un adolescente siciliano, Ciccio Pesce, circondato da personaggi che sembrano uscire da un film del giovane Almodovar: uno zio erotomane che ha l’ossessione di battere un record che lo faccia entrare nel Guinness Book of Sexual Records, due asfissianti genitori che lo credono afflitto dalla sindrome di Asperger, uno psichiatra che vorrebbe fare il comico senza averne il talento, tre ragazze con gusti sessuali molto particolari, alcuni poliziotti e carabinieri simili a macchiette che gli girano attorno senza che lui riesca a spiegarsene il motivo, un’amica invisibile che ha occupato la sua testa e non c’è modo di sfrattarla.
La narrazione ha un ritmo ossessivo e compulsivo che fa della ripetizione reiterata di frasi e parole la sua caratteristica peculiare. Tenendosi a distanza dal romanzo introspettivo, Consiglio sceglie piuttosto la via sfuggente dell’ironia, del paradosso, del riso grottesco. Non ha paura di essere catalogato come un narratore leggero, e riesce a strappare più di un sorriso, pur raccontando una storia dai contorni malinconici.
Franco Lamaiola, il protagonista di Qualunque titolo va bene (Iacobelli) non è giovane, non è bello e non è ricco. Però è il protagonista di un romanzo che lui stesso sta scrivendo, e questa è una cosa di cui va molto fiero.
Perennemente in bilico tra il desiderio di affrancarsi dalla convivenza con gli odiati genitori e quello di prolungare all’infinito il tempo irresponsabilmente bello dell’adolescenza, Franco prova a diventare uno scrittore di gialli, e per far questo comincia a indagare su un efferato omicidio che ha visto come vittima una sua compagna di liceo.
La narrazione, molto vivace, immediata e divagante, fa uso di un registro orale e si sviluppa in brevi capitoletti in cui il protagonista ci ragguaglia sullo stato delle sue maldestre indagini ma soprattutto finisce per rivelarsi il prototipo di un’umanità di paese strampalata e spesso mediocre, chiusa nelle proprie ossessioni, incapace di rapporti autentici e in fondo interprete di una vita vissuta più per sentito dire che per esperienze personali, malgrado il vitalismo eccessivo.
Tra gli elementi comuni ai tre romanzi di Consiglio, spiccano il ritmo frenetico della scrittura, la fin troppo dichiarata discontinuità di struttura, i capitoletti brevi, la caratterizzazione grottesca e caricaturale dei personaggi.
Francesco Consiglio. Le opere minori
I Botolini è la biografia per immagini di una famiglia d’imprenditori abruzzesi, raccontata attraverso tre generazioni. Non una biografia in senso stretto, ma qualcosa di più ambizioso: un insieme di passi di vita scelti da una felice storia aziendale e narrati con uno stile che volutamente ammicca al romanzo.
Un modo di fare piccola letteratura e riportare in vita le vicende umane e professionali di chi ha contribuito a fare della Litografia Botolini una grande azienda, un invidiabile modello di family company, in grado di reperire al suo interno i talenti gestionali necessari per adeguarsi ai tempi.
Una storia, questa scritta dallo scrittore Francesco Consiglio, che dimostra come i sogni, se irrobustiti da una giusta dose di coraggio, possano diventare qualcosa di straordinariamente reale.
Francesco Consiglio ha spesso definito I Botolini la sua opera più complessa, poiché scrivere una biografia di qualcuno ancora vivo obbliga lo scrittore ad afferrare il senso di una vita che non si è ancora compiuta.
Valentino va veloce è l’opera letteraria più anomala di Francesco Consiglio, un’incursione nella letteratura per l’infanzia che lo scrittore dedicò nel 2005 alla figlia Aurora, allora treenne. La storia racconta in poche pagine il pericoloso attraversamento di una corsia autostradale da parte di una chiocciola ed è riccamente illustrata dai disegni dell’illustratrice argentina Fernanda Veron.