Anche i giganti fanno un passo indietro: con un annuncio sul blog, Google sembra aver abbandonato – o se vogliamo essere meno precipitosi, decisamente ripensato – il progetto di avere un proprio social network. Stiamo parlando di Google Plus, il social di Mountain View che vive momenti di profonda crisi. Ma come può un colosso come Google non essere riuscito a creare un social network davvero pericoloso per i competitor? quali sono stati gli errori di BigG?
Google Plus in crisi. Ecco dove ha sbagliato il social network
Sulla carta, Google+ ha riscosso per i primi due anni un buon successo: il lancio è avvenuto a giugno 2011 e, pur essendo in una fase di accettazione di nuovi utenti su invito, in appena un mese aveva già raggiunto 25 milioni di utenti. Neanche a dirlo, a ottobre l’app gratuita di Google+ aveva battuto ogni record di download dello store di Apple – in un solo giorno.
Ma la stessa idea fondante di Google Plus è probabilmente quella che l’ha condannato: la caratteristica del social network era quella di concepire in modo nuovo la gestione dei contatti. Condividere i propri contenuti attraverso le cerchie, selezionando di volta in volta il grado di condivisione con gruppi di persone organizzati per “intimità”.
L’idea di una struttura ibrida in cui puoi essere connesso ai tuoi amici ma anche a degli sconosciuti che possono seguirti (come su Twitter) ha reso il prodotto difficilmente identificabile.
A colpo d’occhio, si capisce che Twitter è una piattaforma che serve a raggiungere grandi numeri di persone, Facebook punta a rapporti di amicizia esistenti anche offline, ed è in grado di creare, se non ci sono ancora, dei gruppi virtuali; mentre Google Plus, creando un modello a metà tra i due, è incorso in quella che molto giustamente si potrebbe chiamare una “crisi d’identità” e le funzioni di Google Plus sono risultate poco chiare alla maggioranza degli utenti.
Google Plus sta colando a picco, in definitiva, perché gli sono state scaricate sulle spalle troppe cose da un gigante come Google, che pensava di battere Facebook semplicemente con la propria mole. Fin dall’inizio, il ruolo di Google Plus era oscuro: aspirava ad essere un nuovo Facebook, svolgendo allo stesso tempo le funzioni di uno Skype, di un Twitter, di un Instagram e di uno Youtube (che peraltro già stavano giocando il loro ruolo di social network, e bene).
Anche se il concetto di un unico accesso per molti servizi, una sorta di “cappello” che avrebbe connesso gli utenti in base ai loro interessi poteva funzionare, la poca intuitività del social (paragonata a Facebook) e il suo essere poco focalizzato ha reso l’utente medio poco interessato ad aprirsi a quello che veniva percepito come l’ennesimo profilo social.
Gli alti papaveri di G+, insomma, non hanno mai saputo rendere Google Plus veramente “necessario”: forse l’avvento di Facebook, partito “dal basso” come strumento per trovare gli ex compagni di scuola ha davvero posto, in quest’epoca, un paradigma inimitabile. O forse il peccato originale di Google Plus è stata proprio la mancanza di un focus definito – e non a caso Bradley Horowitz parla oggi di un team pronto a “focalizzarsi su ciò che [GooglePlus] sta già facendo: aiutare milioni di utenti nel mondo a connettersi attorno ai propri interessi”.
Google Plus: una cattiva gestione e la sfiducia nel team
Se un piatto non sta venendo bene, durante la cottura qualcosa si può aggiustare. E invece la gestione del social durante la sua esistenza non ha affatto migliorato la situazione: l’ormai nota forzatura di rendere obbligatorio un account Google Plus per commentare i video su Youtube, oppure la necessità di aprire un account Google Plus per usufruire al meglio anche di altri prodotti non è piaciuta a nessuno. La gente usava la piattaforma non come social network ma come semplice chiave d’accesso per fare altro. Una scelta impopolare, che ha portato Bradley Horowitz, responsabile della piattaforma, ad affermare sulla sua pagina personale di voler “formalmente eliminare la nozione che un account Google Plus sia necessario per qualsiasi altro servizio Google che non sia Google Plus”.
Uno sconforto generale che si è ripercosso anche all’interno del team: neppure gli ex dipendenti dell’azienda di Mountain View hanno mai avuto un’opinione lusinghiera del social, basta rileggersi il post del 2012 di Spencer Tipping: “Penso che Google Plus sia un impegno che non merita le menti ingegneristiche che lavorano in Google”. La sua opinione personale era che, fondamentalmente, con quell’esperimento Google avesse perso il senso di ciò che era veramente importante, facendo una “cosa stupida come clonare Facebook”. Le critiche provenienti da fonti interne a G+ non mancano: dal ritardo nella scelta di rendere G+ una piattaforma responsive, utilizzabile cioè anche da mobile, alla prematura e inaspettata partenza di Vic Gundotra, suo creatore, un anno fa.
Google Plus e gli utenti alla deriva
Un po’ ovunque si leggono commenti impietosi sulla “morte” di Google Plus e i fan più accaniti come Mike Elgan (uno dei primi ad adottare la piattaforma, con 4,6 milioni di followers) criticano l’accanimento dei media sul loro social preferito. Molti commenti sulla pagina dell’ad di Google Plus suonano come disperate richieste d’aiuto verso un network che ha abbandonato i propri utenti.
Scrive Rob Gordon di CircleCount (oltre 100.000 followers su G+): “I dati della nostra comunità stanno venendo chiusi e gli sviluppatori con cui ho parlato hanno detto che l’API [Application Programming Interface] non serve a molto. Non ci sono stati aggiornamenti alle comunità per un intero anno e quasi nessuna comunicazione da parte di Google. Con grandi sforzi ho tenuto attiva la mia comunità ma ce ne sono moltissime che fluttuano qua e là, morte, anche grandi”. Alcuni sono addirittura commoventi, come quello di Alois Bělaška: “Bradley Horowitz, sarebbe bello se mostraste un po’ di amore e supporto a tutti i creatori di app, strumenti e servizi che credono in Google+. Aiutateci ad aiutarvi!”
Google Plus in crisi. Salvare il salvabile
Secondo quanto si legge nel blog, “nei prossimi mesi, un account Google sarà tutto quello di cui avrete bisogno per condividere contenuti, comunicare coi vostri contatti, creare un canale Youtube e altro”. Naturalmente, a differenza dei profili Google+, l’account Google personale non potrà essere cercato o seguibile e non sarà legato alla vostra identità reale. Attenzione però: come consigliato dal blog di Youtube, non rimuovete il vostro profilo Google+ adesso perché i cambiamenti annunciati non sono ancora completi e, se lo fate, i vostri canali Youtube verranno cancellati. Tenete anche presente che, se avete un account Google My Business associato a Google+ che non è stato verificato o è inattivo, verrà chiuso. Persino Google Photos sta abbandonando la nave, nella prospettiva di trasformarsi in un’app a sé.
Google Plus e la voglia di rilancio
Comunque, per quanto si possa essere ottimisti e tenendo conto degli sforzi messi in campo da BigG per infondere nuova vita in Google Plus, i dati attuali sono sconfortanti. Un report del ricercatore Edward Morbis su Ello inquadra una realtà poco entusiasmante: su 2,2 miliardi di profili G+, appena il 9% ha postato un contenuto pubblico (che il 37% delle volte è rappresentato da un commento su Youtube). Solo il 6% degli utenti che sono mai stati attivi pubblicamente ha postato qualcosa nel 2015 e la metà erano commenti su Youtube. Se guardiamo invece a tutti i profili Google+, scopriamo che ad aver postato qualcosa nel 2015 è soltanto lo 0,3% degli utenti, circa 6,6 milioni di utenti.
A ben vedere, questa trasformazione di Google+ potrebbe essere un’ottima occasione di rilancio. Nelle intenzioni di Big G la nuova versione della piattaforma di bandiera diventerà “un luogo dove le persone si appassionano attorno ai loro interessi comuni, con i contenuti e i personaggi che li ispirano” – un po’ sul modello di ciò che è attualmente Google+, un posto dove comunità di appassionati revisori e commentatori si ritrovano per discutere i dettagli dei loro prodotti o servizi preferiti. Come sarà di preciso, ancora non lo sappiamo: manterrà sicuramente una funzione social, che resterà però distinta dal mondo di applicazioni e prodotti tra cui Google Photos, Google Streams e Google Hangouts.
Insomma, Google Plus, per come lo conosciamo, è destinato a morire. Sta ora agli ingegneri del più potente motore di ricerca del mondo, aggiustare il tiro, dando finalmente una vera identità al loro prodotto, o battere in ritirata.