Alessio Piana: la Liguria, la politica e il futuro

In questi giorni abbiamo intervistato Alessio Piana, attuale presidente del Consiglio comunale di Genova, prossimo a entrare in Regione. Abbiamo commentato con lui i risultati delle elezioni regionali, cercando di capire cosa la nuova legislatura dovrà affrontare in questi tempi di crisi.

Abbiamo appena avuto le elezioni e il centrodestra è stato riconfermato alla guida della Regione. Sembra esserci una differenza di equilibri interna: prima c’era la preferenza per la Lega e poi per Toti, adesso siamo nella situazione opposta. Come cambierà la politica del centrodestra a fronte di ciò?

– Non penso ci sia un cambiamento della politica dell’Amministrazione regionale per i prossimi 5 anni. I numeri parlano chiaro: si è registrata una lieve flessione della Lega in provincia di Imperia e, invece, una buona affermazione in provincia di Savona e La Spezia; a Genova c’è stata una flessione, rispetto ai dati del 2015, in continuità con quella che era la posizione di Genova Capoluogo 2017.

Cito Genova capoluogo perché è il contesto nel quale si fa più fatica ad affermare certe percentuali, mentre in provincia c’è sempre stata una risposta maggiore. Non credo ci siano  delle variazione rispetto agli equilibri.

I fattori che hanno portato a questo dato, non sono tanto di “non gradimento della politica” della Lega, quanto, invece, sono legate a un po’ di tecnicismi: ad esempio, il simbolo ha tratto molto in inganno, ci sono, nella provincia di Genova, più di 10.000 schede che sono state annullate e credo che almeno in tre sezioni, che ho avuto modo di monitorare, moltissimi elettori hanno segnato sia il simbolo della Lega – o di altri partiti della coalizione – sia il simbolo della lista Toti Presidente.

E’ evidente che va fatta, comunque, una riflessione e vanno portati dei correttivi.

Secondo lei perché siete aumentati dove siete aumentati e diminuiti dove siete diminuiti?

– Questa è una valutazione e un’analisi che non sono riuscito ancora a compiere approfonditamente; penso che, a Genova, un effetto traino l’abbia avuto l’amministrazione Bucci: l’accoppiata Bucci-Toti ha portato l’elettore a barrare il simbolo Toti, convinto che si potesse dare continuità all’amministrazione uscente. In altre realtà territoriali, questo traino si è avvertito meno e la performance di quel simbolo è stata inferiore. La Spezia è indicativo sotto questo punto di vista.

Sui giornali si è letto il tema del “paracadute”. L’assessore Bernino ha detto: “Vorrei fare l’assessore e continuare con la mia carica. Nel momento in cui dovessi perderla, però, vorrei tornare come consigliere regionale.” Questo ragionamento genera, nelle persone, due sensazioni: la prima è che sembra che i politici cadano sempre in piedi, la seconda è che si genera confusione su chi deve rimanere e chi deve lasciare il posto tra le varie cariche: lo crede anche lei?

– Questa è una cosa che è normata in moltissime Regioni italiane: ci sono Lombardia, Veneto, Marche e altre regioni che, già da alcuni anni, hanno questa previsione normativa, che tra l’altro è contenuta in una legge elettorale.

E’ vero che, successivamente, sarebbe difficile far passare alcuni messaggi e le persone fanno delle sintesi di cui bisogna tener conto; però non dimentichiamoci che l’incarico elettivo è frutto di un riconoscimento diretto, da parte di un numero di persone, nei confronti di un candidato. La nomina assessorile è, invece, una nomina fiduciaria fatta dal Presidente della Giunta: in astratto, potrebbero essere moltissime le motivazioni per cui un presidente decide di sostituire un assessore che, se era consigliere eletto, era, di fatto, espressione di una volontà popolare.

Questo deve far riflettere tutti, nel senso che gli assessori potrebbero essere sostituiti perché magari la loro azione politico-amministrativa non è performante. Penso che verrà poi valutato dalla gente nel momento in cui  sarà sottoposto nuovamente al loro voto. Deve essere il popolo, esprimendo sostegno o riconoscendo in una figura un credito, a valutare questa persona  e non magari il presidente della Regione o altre dinamiche che possono nascere nei vari partiti.

Può essere che se un assessore lavora sapendo che non perderebbe la propria occupazione, o che al massimo la cambierebbe, questo non si spenderebbe nel suo compito?

– Se ci si approccia alla politica come servizio, è un ragionamento che non funziona. Una persona non si candida perché non sa di che cosa campare e vuole garantirsi un posto di lavoro. Questa concezione è ben lontana dalla politica.

Lei è conosciuto come una persona dedita alla caccia. Secondo la maggior parte dei cittadini, quello che interessa a voi cacciatori è cercare di allungare, o comunque usufruire appieno del calendario venatorio e, quindi, prolungare la caccia. L’altra campana, quella degli ambientalisti, oltre a non essere d’accordo dal punto di vista etico, sostiene che se si cacciano le matriarche, i vari gruppi di animali si separano nel territorio, le femmine vanno in estro e si avrà più fauna.

La domanda è: secondo lei, una soluzione reale, pratica, concreta per fare in modo che le persone non abbiano più cinghiali sotto casa quale può essere?

– La questione dell’attività venatoria è molto complessa e non riguarda solo il cinghiale. Peraltro, occorre fare un distinguo tra quello che è la caccia e il controllo faunistico.

La caccia è un’attività ludico-ricreativa, è una passione, che viene svolta nel rispetto di una norma nazionale e di regole regionali che, comunque, discendono dall’applicazione di direttive comunitarie. Questo riguarda una serie di specie che si possono cacciare e quello che chiede il mondo venatorio è di poter godere appieno di quelli che sono i contenuti della legge nazionale che disciplina questa attività, in un contesto europeo in cui il nostro Paese è quello che, ad oggi, ha regole più restrittive in termini di numero, di specie cacciabili e periodi di caccia.

Poi c’è tutta la parte legata al “fenomeno cinghiale”, al controllo faunistico e al fatto che è vero che il controllo e l’attività venatoria deve essere il più possibile selettivo. Se noi andiamo a uccidere una femmina adulta è possibile che la sua prole venga destrutturata, non sia più educata dalla madre e, quindi, non riceva l’imprinting che gli consente, ad esempio, di trovare l’alimentazione nei boschi e quant’altro, rendendo più facile che scelga strade più veloci per sfamarsi. Gli animali selvatici sono molto intelligenti e molto opportunistici.

Bisognerebbe partire dai comportamenti di coloro che pensano di fare il bene dell’animale e, invece, non lo fanno nemmeno alla collettività. Questo continuo foraggiare gli animali nei gretti dei torrenti, o in altri contesti, trasformare gattili in aree di approvvigionamento di cibo per i cinghiali, è un qualche cosa che li porta a frequentare sempre di più gli ambiti urbani.

Il mondo della caccia non ha nessun interesse ad andare a caccia tutto l’anno, non ha interesse ad abbattere gli animali. C’è un problema di ordine pubblico e di gestione che deve essere affrontato a livello nazionale, a livello regionale e poi locale.

C’è stata un’evoluzione normativa che ha portato, per esempio, ad avere delle regole più efficaci per il controllo faunistico all’interno delle aree protette, piuttosto che nelle aree che sono meno pregiate da un punto di vista ambientale. E questa è una discrasia che andrebbe risolta a livello nazionale, perché se ci sono delle regole efficaci applicate nei parchi, in cui l’ambiente è di certo più preservato, e sono migliori rispetto a quelle che vigono fuori, dovrebbero essere estese almeno a tutto il territorio nazionale.

Dopodiché bisogna arrivare a disincentivare, anche multando, le persone che foraggiano o che compiono questi tipi di attività e a porre in essere tutte quelle soluzioni, sicuramente incruente, che allontanino gli animali dagli ambiti urbani.

Ci sono le soluzioni: porto l’esempio genovese nel quale abbiamo cercato di affrontare questa problematica attraverso delle protezioni che impediscono l’accesso agli animali dai varchi dei torrenti, delle reti che sono state posizionate lungo i guardrail o delle ringhiere che delimitano determinati percorsi. Adesso, poi, vi è l’utilizzo di un narcotico che è molto più efficace e che consente, con sicurezza, di rimuovere l’animale senza dover implodere dei colpi di fucile, quindi senza abbatterli.

C’è poi un altro tema che è quello di come gestire gli animali catturati, perché la norma introdotta dal Governo Renzi, un po’ di anni fa, impedisce la reintroduzione. Una volta venivano catturati in ambiti urbani e potevano essere spostati sui monti, ora non è più così perché quest’azione viene parificata ad una reintroduzione.

La questione tecnica è complessa, bisogna, secondo me, essere disposti, da parte di tutti, a fare mezzo passo indietro dal punto di vista ideologico, per poter risolvere il problema.

Il Governo con i suoi vari provvedimenti tendenzialmente è molto restrittivo, mentre invece la Liguria e Toti sono sempre stati più “aperti”. Qualche tempo fa, Toti ha anche detto che non è d’accordo con le mascherine all’aperto e ritiene questa insistenza da parte del Governo come un’inaccettabile pressione sulle Regioni. Poi però il Ministro Speranza ha ribadito che le Regioni devono rimanere all’interno di certi limiti. Una via di mezzo? Anche perché, se no, il cittadino è confuso, non sa minimamente cosa fare.

– Questo sicuramente! Sono sempre stato un autonomista e sono sempre convinto che le scelte che arrivano più vicino al cittadino sono quelle che provano a rispondere alle esigenze di alcuni territori e, anche in ambito sanitario, vale questa regola.

È evidente che a livello nazionale diventa difficile andare a individuare tutta una serie di fattispecie puntuali che possano essere applicate indistintamente su tutto il territorio.

Credo che il lavoro che è stato fatto in questi mesi dal governatore Toti, sia stato quello di coniugare l’esigenza di tutelare la salute pubblica, con quella di mettere, il sistema socio-economico, in condizione di reggere l’urto causato da questa pandemia. E quindi, le norme puntuali, i protocolli per le varie attività, le ordinanze che, già a partire da marzo finito il lockdown, hanno via via cercato di aprire e di far ritornare alla normalità certe attività, sempre con attenzione al distanziamento, alla sanificazione, all’uso delle precauzioni e dei dispositivi.

Mi auguro che questo ragionamento venga compreso anche a livello nazionale e venga data la possibilità per le Regioni di poter entrare in maniera più puntuale nella regolamentazione di queste questioni. Sicuramente, oggi, per fortuna, abbiamo una capacità di risposta ai contagi molto maggiore.

Non bisogna abbassare, però, la guardia perché i dati ci dicono che il periodo autunnale potrebbe essere quello nel quale ci sarà un aumento.

Ci sono stati però dei momenti di “incastro”. L’esempio principale è quello dei treni che non avevano il distanziamento obbligatorio in Liguria e nel momento in cui entravano in un’altra Regione, dove c’era il distanziamento, le persone dovevano scendere, pur avendo il biglietto pagato e proseguire con un pullman. Questo come si evita nel futuro?

– Sicuramente un conto è disciplinare attività che si svolgono in un contesto territoriale: è evidente che, tutto ciò che è interregionale, deve trovare un momento di sintesi e un momento nel quale alla fine la norma nazionale prevale.

Sembra ci voglia più organizzazione, però…

– Bisogna organizzarsi un po’ meglio: coloro che gestiscono si devono farsi carico di queste situazioni e devono comprendere e dirigere nel miglior modo questi aspetti.

Sia a livello nazionale sia a livello regionale si cerca di evitare o regolamentare quanto più possibile gli assembramenti. C’è, però,  un’eccezione che sarebbero gli autobus: la regione Liguria è stata una delle prime a consentirne l’uso.

– Sull’autobus si è arrivati a consentire l’80% della capacità.

C’è, poi, tutta la partita della verifica e del rispetto delle disposizioni. Credo sia nell’interesse di tutti continuare a far passare, chiaro, il messaggio della protezione individuale e di quella generale; la cosa più importante è quella di continuare a dire alle persone che devono essere attente, prudenti e di usare i dispositivi di protezione. La gestione è molto complessa per determinate dinamiche.

Diciamo che la situazione, paradossale, è che si possa entrare in non più di 5 in una panetteria e invece si stia, liberamente, in 30 su di un autobus. Ci si chiede perché non aumentare il numero degli autobus in circolazione…

– Questo è vero. Sicuramente ci sono state delle azioni, dei correttivi che sono stati cercati di introdurre nelle varie città e nelle aziende che si occupano di trasporto pubblico.

È evidente che, da un punto di vista economico, le disponibilità di flotta sono limitate e consideri che, rimanendo nel contesto che conosco meglio, ossia quello di Genova, l’Amt sicuramente avrà poi delle grandissime difficoltà nel gestire il bilancio d’esercizio, che ha visto, sostanzialmente, la chiusura delle scuole, il venir meno del rinnovo degli abbonamenti e una fruizione sicuramente più limitata.

Sicuramente i problemi sono complessi e le soluzioni non sempre facili da trovare.

A livello politico quali saranno i primi provvedimenti che possiamo aspettarci, qui, in Liguria? Quali sono le sue priorità?

– Credo che, in questa fase, dovranno essere messe le azioni normative e amministrative che diano una risposta alla tenuta del sistema ligure, magari, cercando anche di usare al meglio quelli che saranno i fondi disponibili a livello nazionale e comunitario.

C’è da avviare un nuovo percorso di pianificazione sia per il Piano di sviluppo rurale sia per il Fondo sociale europeo e per tutti quelli che sono gli strumenti che traguardano un settennato di iniziative a vari livelli. Ci saranno i fondi messi a disposizione attraverso il Recovery Found, che dovranno essere utilizzati in maniera razionale e sinergica per creare prospettive di sviluppo per la nostra Regione. Questo credo sia uno degli aspetti più urgenti e più strategici da affrontare.

Le tasse regionali, come ad esempio la Tari per il periodo del lockdown, verranno tolte o abbassate agli esercenti? e se si, come farete?

– Ci sono state delle scelte importanti: riferendomi all’amministrazione comunale genovese, è stato introdotto e prorogato questo principio della gratuità degli spazi esterni agli esercenti e commercianti, che è un qualche cosa che secondo me è uno dei pochi aspetti positivi di questa situazione, che ha fatto nascere ed aumentare esponenzialmente il vivere la strada e il valorizzare quella che era l’offerta turistico-ricettiva della nostra città.

Queste categorie sono state esonerate dal pagamento dell’occupazione del suolo pubblico e sono stati trovati fondi ingenti, parliamo di circa 5 milioni di euro solo che per il comune di Genova, per fare in modo che la Tari fosse sgravata per gli esercizi commerciali.

Quindi c’è la volontà e l’attenzione, nostra della Lega in particolare, di guardare con molta sensibilità a queste categorie.

Snellire la burocrazia, non significa creare nuovi sportelli dove fare compilare fogli, ma far fare meno passaggi agli utenti. Le prime cose che vanno snellite, secondo lei?

– Sono d’accordo con lei: ci sono esempi veramente infiniti, rispetto a certe procedure. Penso che la scommessa più grande, per rimanere nell’ambito regionale, ente nel quale mi accingerò a svolgere il mio ruolo nei prossimi anni, sia quella di superare il concetto che la Regione non sia una.

Spesso chi si occupa di sviluppo economico, di ambiente, di urbanistica, tende a non confrontarsi con gli altri del medesimo ente; questo ricade, soprattutto, sulle amministrazioni locali, sui Comuni che hanno delle grossissime difficoltà a raccapezzarsi per dare delle risposte ai cittadini e che hanno bisogno di un’attenzione maggiore perché (ricordiamoci che l’80% dei Comuni liguri sono piccoli) non hanno apparati burocratici e sono chiamati a svolgere le stesse attività di grosse città come i capoluoghi di provincia. La Regione deve imparare a dare loro le risposte e i servizi adeguati per portarli al passo con quelle che sono le esigenze.

Grazie della disponibilità e alla prossima intervista.

– Grazie a voi.

Roberto Trizio

Dopo una robusta preparazione in giornalismo scientifico e digitale, secondo le tecniche anglosassoni in forza ad USA Today, dirige i portali del gruppo Trizio Consulting. Su ExpoitalyOnline firma diversi approfondimenti e interviste

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