Dpcm, rabbia di ristoratori e palestre. Giallo sull’Acquario

C’è amarezza tra i commercianti e i ristoratori di Genova e della Liguria: il nuovo Dpcm, attivo da oggi 26 ottobre fino al prossimo 24 novembre, rischia di mettere in ginocchio ancora una volta l’economia regionale, lasciando in difficoltà intere famiglie di lavoratori. E’ “giallo” sull’apertura dell’Acquario cittadino.

Rabbia, disperazione: tutti sono coscienti che ci sia una pandemia in atto, che il Covid-19 sia pericoloso e che vada contrastato facendo attenzione. Ma la realtà dei fatti è che la chiusura delle palestre e la possibilità di consumazione in bar e ristoranti consentita solo fino alle 18, pesano come un macigno sulla sopravvivenza di tutti quei servizi e attività commerciali del territorio che hanno già subito il lockdown di marzo e che hanno fatto fatica a rialzarsi in questi mesi.

La rabbia dei ristoratori genovesi

Alessandro Cavo, presidente di Fipe-Liguria non usa giri di parole nel denunciare la situazione: “Questo è il colpo di grazia per tutto il settore della ristorazione”, ha spiegato. Per il 28 aveva già organizzato una protesta nazionale quando si sussurrava che la chiusura sarebbe stata obbligata alle 22. Ora questo “lockdown leggero” mette tutte le attività ristorative davanti ad un bivio: chiudere o adattarsi alla consegna a domicilio e all’asporto, al momento consentito fino alle 24.

Per tutto il piccolo e medio commercio sarà comunque una Caporetto”, ha sottolineato Massimiliano Spigno, il presidente di Confesercenti Genova: “tanti saranno costretti ad abbassare la serranda”. Una situazione difficile da gestire, mitigata solo in parte dai contributi e dagli aiuti promessi.  I commercianti sono ancora impegnati a riprendersi dal primo stop e queste limitazioni otterranno forse il contenimento del virus ma con molta probabilità aumenteranno il debito di coloro che ne sono colpiti. “Il Governo ha firmato […] il nuovo Decreto con ulteriori restrizioni. Vista la situazione sanitaria”, ha commentato il presidente di Regione Giovanni Toti, “nuove misure andavano sicuramente prese, ma alcune appaiono francamente incongruenti e dal sapore punitivo”.

Perdite importanti per le palestre

Ancor più colpite da questo coprifuoco sono le palestre e le piscine, la cui attività al contrario viene fermata del tutto: i gestori stanno facendo sentire la loro voce e alcuni, utilizzando i social, stanno esprimendo la volontà di cercare di rimanere aperti, a prescindere dalle indicazioni del DPCM. “Abbiamo speso per gel igienizzanti, per macchinari nuovi, per sanificare continuamente i locali”, ha denunciato Roberto Semino, presidente di Associazione Sport Liguria. “Siamo fra quelli che hanno investito di più”, ha aggiunto, “eppure abbiamo fatto una fatica enorme per arrivare al 40-45 per cento di clienti. Ora resta a casa gente che lavora, che paga mutui e mantiene famiglie”.

Tutte le categorie colpite sottolineano come le decisioni prese siano eccesive nei loro confronti ma praticamente inesistenti per ciò che concerne il trasporto pubblico, vera spina nel fianco della Regione Liguria e del resto di Italia per ciò che riguarda gli assembramenti. “Sui mezzi di trasporto o per strada si creavano continui assembramenti.”, ha continuato Semino. “Nessuno di noi nega il virus, però le nostre palestre sono sicure. Anche perché con meno persone dentro la sale, il distanziamento è garantito”.

Il Giallo dell’Acquario di Genova

L’ultimo decreto del presidente del Consiglio Giuseppe Conte non ha solo costretto sport e ristorazione a un angolo: ha anche lasciato nell’incertezza uno dei simboli di Genova e della Liguria: l’Acquario. Sebbene oggi lo stesso rimanga aperto, si è in attesa di aggiornamenti dalla Prefettura in merito ad una possibile chiusura.

Ci sono norme contraddittorie. Alcune ci equiparano ai musei, e dunque in base a quelle potremmo restare aperti”, ha spiegato Beppe Costa, presidente di Costa Edutainment. “Altre, però, avendo noi animali e attrazioni”, ha specificato, “ci considerano come fossimo un parco a tema. Se così fosse”, ha continuato, “dovremmo chiudere. Naturalmente ho iniziato a scrivere a tutti, politici e amministratori pubblici, ma mi hanno risposto che l’ultima parola è della Prefettura, e già questo rende l’idea del momento”.

Se la chiusura dovesse divenire realtà ci si troverebbe, come indicato da Costa, in una situazione paradossale per la quale l’Acquario sarebbe chiuso nonostante la presenza di certificati Rina (sulla qualità e la sicurezza dei servizi erogati, N.d.R.) che i musei, al contrario, non sono tenuti a possedere.

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