Il declassamento del debito pubblico greco allo stato di bond di poca rendita nell’aprile del 2010 ha creato allarme nei mercati finanziari, con i rendimenti obbligazionari in aumento così tanto che i mercati dei capitali privati erano praticamente indisponibili come fonti di finanziamento per la Grecia.
Il 2 Maggio gli stati appartenenti all’Eurozona e il Fondo Internazionale Monetario hanno trovato un accordo di 110 miliardi di Euro di prestito per salvare la Grecia, con il conseguimento di questi tre punti chiave:
Austerity, per risanare il bilancio finanziario
Privatizzazione degli enti governativi per un guadagno di 50 miliardi di Euro entro la fine del 2015, per mantenere il livello del debito
Riforme volte a favorire la competitività e la crescita.
Il pagamento dei debiti era stato previsto in più rate da Maggio 2010 a Giugno 2013. Dal momento che le condizioni della Grecia sono peggiorate per la recessione e i lavori previsti (al punto 2 e 3) non sono stati portati a termine, è stato necessario allungare il periodo di un anno, per offrire alla Grecia più tempo e più denaro, nel tentativo di risanare l’economia.
Nell’Ottobre del 2011 i capi dell’Eurozona hanno trovato l’accordo per dare alla Grecia ulteriori aiuti, pari a 110 miliardi di Euro; le condizioni erano che fosse implementata una nuova austerity e che la maggior parte dei creditori privati in possesso di titoli greci firmassero per estendere le scadenze, i tassi di interessi più bassi e una perdita del valore di circa il 53,5%.
Questa proposta voleva sistemare il debito pubblico greco in mano ai creditori privati (circa il 58% del debito pubblico totale greco); l’obiettivo era quello di ridurre l’onere del debito pubblico complessivo di circa 110 miliardi di Euro. Inoltre, si prevedeva una riduzione del rapporto debito-PIL pari al 198% nel 2012, fino a circa il 160% nel 2012, con i pagamenti di interessi più bassi negli anni successivi in combinazione con il consolidamento fiscale del bilancio pubblico e significativi finanziamenti finanziari nel programma di privatizzazione. Si puntava ad arrivare ad un calo sostenibile del 120% nel 2020.
Il secondo accordo per il salvataggio è stato finalmente ratificato nel 2012 ed è diventato attivo un mese più tardi, dopo aver siglato l’ultima condizione riguardante la ristrutturazione del debito di tutti i titoli di Stato Greci.
Questo secondo piano è stato disegnato con il benestare della Troika (EU, BCE e FMI) per coprire tutte le esigenze finanziarie greche dal 2012 al 2014, attraverso un trasferimento di erogazioni regolari; il piano mirava a ristabilire l’economia Greca usando il capitale dei mercati privati per pagare il debito e per coprire le necessità economiche future, a partire dal 2015.
Nei primi anni dal 2015 al 2020, il ritorno a utilizzare i mercati privati sarà effettivamente efficace nella misura in cui metà dei fondi necessari per correggere il deficit di bilancio e il finanziamnto del debito ordinario, mentre l’altra metà dei fondi sarà coperta da proventi straordinari del programma di privatizzazione dei beni pubblici greci.
A metà maggio 2012, la crisi e l’impossibilità a formare un nuovo governo di coalizione dopo le elezioni hanno portato a pensare che la Grecia avrebbe lasciato l’Unione Europea. L’uscita potenziale della Grecia venne soprannominata Grexit, e ha iniziato ad influenzare l’andamento dei mercati internazionali.
Una seconda elezione a metà giugno si è conclusa con la formazione del nuovo governo a sostegno di una costante adesione ai principi delineati dal piano di salvataggio firmato.
Il nuovo governo ha però chiesto ai suoi creditori una proroga del termine 2015-2017, a causa del ritardo delle riforme e una nuova regressione economica. Tale richiesta equivaleva chiedere alla Troika un pagamento prolungato, cioè due anni di fondi in più sotto forma di un nuovo pacchetto di salvataggio.
Nel luglio del 2012 la Troika ha analizzato questa richiesta e la sua sostenibilità, avendo a disposizione nuovi dati dell’economia greca, pubblicando poi un rapporto sulla situazione economica.
La prima risposta della Torika è stata negativa: il piano era completamente fuori fase e la Troika ha deciso così di trattenere i 31 miliardi da erogare in agosto. La Troika ha quindi avvertito la Grecia di ritornare sul piano stabilito e rimettere sui binari la programmazione, ristabilendo così l’economia.
Nei tre mesi successivi il governo greco ha negoziato con la Troika sulle condizioni esatte per la rifoma del mercato e del lavoro e sul Midterm del piano fiscale 2013-2016.
I due principali conti con tutte le misure di austerità riportavano in totale 18 miliardi di euro, di cui 9 per il primo, programmato nel 2013.
Nel caso in cui la Grecia avesse seguito queste condizioni, la Troika avrebbe permesso un terzo prestito di 30 miliardi per finanziare i due anni di estensioni del programma di salvataggio, dando però importanza alla ricerca di soluzioni per la riduzione del debito greco (ad esempio attraverso il lancio di un programma debt-buy-back per i titoli di Stato in mano ai privati e/o l’offerta di alleggerimento dei debiti sotto forma di tassi di interesse più bassi combinata con il prolungamento delle scadenze).
Il 7 novembre 2012, di fronte all’alternativa del default finanziario, in caso non passasse il pacchetto offerto dalla Troika, il governo greco ha promosso le condizioni della riforma del mercato e del lavoro e il midterm del piano fiscale con 153 voti su 300 per il sì; l’11 novembre del 2012 il parlamento ha approvato anche il budget fiscale per l’anno 2013 con 167 voti positivi su 300.
La Troika attendeva da tempo l’approvazione di queste tre leggi; la Troika, non appena sono state approvate, ha distribuito ai membri dell’eurogruppo le condizioni a cui si doveva attenere la Grecia. Tale rapporto indicava le condizioni e lo stato dell’economia greca, le riforme strutturali, il programma di privatizzazione e la sostenibilità del debito. Tra le altre cose, il rapporto evidenziava anche la proroga di 2 anni del programma di salvataggio, con il costo di 32 miliardi di finanziamenti aggiuntivi (15 miliardi nel 2013-14, 17 nel 2015-2016).
Nel dicembre del 2012 l’eurogruppo ha però deciso di non trasferire un terzo pacchetto di aiuti, ma ha approvato invece un adeguamento insieme alla BCE e al FMI, con una serie di misure per ridurre il debito (tassi di interesse più nassi e durata prolungata).
La Troika terrà il debito fino al 2020, chiudendo il rubinetto dei finanziamenti nel 2016. Come parte di questo accordo, però, il FMI si è detto disposto a dare nuove tranche di finanziamenti, del valore di 8 miliardi, da versare in intervalli regolari tra il gennaio 2015 e il 14 marzo 2016.
Ultimo dettaglio del pacchetto della Troika: un riacquisto del debito pre-richiesta aiuti da parte del governo greco di circa il 50% delle obbligazioni PSI rimanenti; questa operazione ha contribuito anche a ridurre il rapporto debito-PIL di 10 punti. Un passo ulteriore per risanare il debito greco.
Nel 2014 sia la Commissione Europea che il Fondo Monetario Internazionale hanno rilasciato un report sull’andamento della Grecia. Anche dopo il trasferimento degli aiuti finanziari previsti dal pacchetto e l’adeguamento all’austerità concordata nel 2012, è necessario un nuovo finanziamento di previsione: 5 miliardi nel 2014, 12 miliardi nel 2015 e 0 nel 2016.
Per coprire questi finanziamenti il governo greco deve sfruttare i mercati di capitali privati o attuando nuove riforme per ridurre le spese e aumentare le privatizzazioni, favorendo le entrate.
Grazie al miglioramento delle prospettive dell’economia greca, con un aumento del PIL e una riduzione della disoccupazione nel 2014, è stato possibile per il governo greco tornare al mercato delle obbligazioni, ottenendo così capitali privati. Il governo greco ha infatti ottenuto 6 miliardi dalla vendita delle obbligazioni per tre e cinque anni; ora si aspettano ulteriori vendite a sette e dieci anni delle obbligazioni per il 2015.
I dati raccolti sul PIL greco hanno rivelato che l’economia greca è andata in recessione per ben tre volte, durante la crisi economica che ha colpito l’Europa; ecco la divisione per trimestri
Q3 2007 fino a Q4 2007 I recessione
Q2 2008 fino a Q1 2009 II recessione, nota anche come Grande Recessione
Q3 2009 fino a Q4 2013 III recessione, indicata come Crisi della Zona Euro
La Grecia ha registrato però una crescita economica positiva in ciascuno dei primi 3 trimestri del 2014. Il ritorno della crescita economica, insieme al bilancio positivo della pubblica amministrazione, costruisce la base per avviare un calo definitivo del rapporto debito-PIL nei prossimi anni; questo contribuirà a garantire che la Grecia sarà etichettata come “debt sostainable”, cioè in grado di gestire il debito, e potrà ritrovare pieno accesso ai mercati di crediti privati nel 2015.
La fine della crisi economica greca è prevista per il 2015; questa previsione positiva è basata sul presupposto che la Grecia realizzerà gli obiettivi preposti dal programma tra il 2015 e il 2016, a seguito delle riforme di bilancio strutturali e il miglioramento del sistema economico.
Durante la seconda metà del 2014 il governo greco ha nuovamente aperto i negoziati con la Troika. Questa volta i negoziati avevano al centro la risoluzione dei requisiti del programma per garantire così l’attivazione dell’ultima rata di pagamento per il salvataggio programmata per il mese di dicembre del 2014; tra gli obiettivi anche un possibile aggiornamento del salvataggio finanziario per gli anni 2015-2016.
Nel presentare i calcoli del budget fiscale del 2015, il governo greco si è scontrato con la Troika, i cui calcoli differivano notevolemente (c’era un disavanzo di 2,5 miliardi di euro da pagare); i calcoli del governo greco dimostravano come fossero in linea con gli accordi stabiliti nel piano fiscale di Midterm 2013-2016. Sarebbero necessarie, quindi, altre misure di austerità.
Il governo greco, però, era altamente convinto dei propri calcoli, rispetto a quelli della Troika, al punto di presentare un invariato disegno di legge fiscale di bilancio al parlamento, approvato con 155 voti contro 134 poco dopo la mezzanotte del 7 dicembre.
L’Eurogruppo si è riunito l’8 dicembre, stabilendo di accettare il prolungamento tecnico di due mesi del piano di salvataggio per la Grecia, per far sì che portasse a termine il quinto programma finale tanto atteso e per valutare la possibilità che l’European Stability Mechanism istituisse una ECCL (Enhanced Conditions Credit Line) entro il 1° marzo 2015.
La stampa cominciò a proporre la fine immediata del programma di salvataggio del FMI concordato in precedenza per il periodo 2015-2016, sostituendolo con il trasferimento di 11 miliardi di fondi di ricapitalizzazione bancaria, al momento non utilizzati e tenuti in riserva dalla HFSF, insieme alla istituzione della ECCL.
Quest’ultimo strumento è utilizzato spesso come misura precauzionale nel momento in cui uno stato esce dal programma di salvataggio, funzionando come backup e garanzia nel caso la situazione economica non riesca a reggere. Il fatto che uno Stato esca da un programma di salvataggio e sia sotto tutela della ECCL è un elemento positivo per l’andamento dei mercati e rende più sicuro gli investimenti sui titoli di Stato.
Nel mese di dicembre, l’idea di abbandonare in maniera prematura il programma di salvataggio è stata confermata; la Troika ha annunciato la trasformazione del piano nella ECCL fino alla fine di febbraio, dopo la richiesta del governo greco.
L’opposizione del governo greco ha richiesto immediatamente nuove elezioni per il 25 gennaio 2015. Il rischio di mettere in pericolo la ripresa economica è molto alto.
Questa incertezza politica ha fatto sì che la Troika sospendesse tutti gli aiuti previsti restanti, nell’ambito del programma di salvataggio; la Troika ha però affermato di voler riprendere gli aiuti nel momento in cui ci sarà un governo stabile.
I sondaggi per le elezioni hanno subito rilevato l’avanzamento del partito Syriza, la cui propanganda si fondava sul non rispettare i negoziati precedentemente accordati. Le idee del partito hanno dato subito un effetto negativo sull’economia: i mercati finanziari hanno avuto una caduta negativa, la borsa di Atene ha perso circa il 30% dall’inizio del mese di dicembre 2014, il tasso di interesse dei titoli di Stato a dieci anni sono passati dal 5,6% di settembre, al 10,6% del 7 gennaio 2015.
Secondo il membro francese del Comitato Esecutivo della BCE “è illegale e contrario al trattato stipulato la riprogrammazione di un debito di uno stato detenuto dalla banca centrale”. Un tale provvedimento sarebbe contrario e incompatibile con il mantenimento della Grecia nella zona euro. Tuttavia, il rischio di una Grexit (uscita della Grecia dalla zona Euro), a seguito delle elezioni e dei risultati previsti dai sondaggi, è stata valutata dagli economisti di Commerzbank AG solo al 25%.