Russia, giro di vite su internet: stop a vpn e server proxy

La Russia stringe la morsa su Internet. Da oggi entra in vigore la legge, approvata lo scorso luglio, che limita l’uso dei servizi che consentono di navigare su Internet anonimamente, come Vpn (virtual private network, reti di telecomunicazioni private) e  cosiddetti “server proxy”. L’obiettivo ufficiale è proibire l’accesso a contenuti “illegali” e, in particolare, estremisti per prevenire attività terroristiche. Le organizzazioni per i diritti umani temono però un ulteriore bavaglio in vista delle presidenziali che si terranno il prossimo marzo.
 
Come funziona il blocco. Proxy e Vpn permettono di accedere a siti bloccati nascondendo l’indirizzo Ip, ossia la propria identità digitale, e l’ubicazione reale. Perciò sono molto popolari nei Paesi che tengono sotto stretto controllo le comunicazioni telematiche. A differenza che in Cina, dove le reti Vpn sono state del tutto bloccate, l’approccio russo è però meno drastico. Secondo la nuova normativa, i servizi Vpn sono obbligati a registrarsi presso l’Authority russa sulle telecomunicazioni Roskomnadzor entro trenta giorni, pena il blocco, e a impedire l’accesso ai siti nella lista nera entro tre giorni. La legge non prevede dunque un bando diretto di Vpn e proxy, ma impedisce di usarli per accedere a siti vietati.
 
I timori. Il timore è che le autorità russe possano però allungare la lista dei “contenuti illegali” e dei siti bloccati – tra cui ad esempio già figura il social network LinkedIn – per evitare che i cittadini russi accedano a siti “non grati” al governo a cinque mesi dalle elezioni. Per Amnesty International, il provvedimento costituisce un altro “attentato alla libertà su Internet”. I siti web sono infatti già obbligati ad archiviare i dati degli utenti su server collocati entro i confini della Federazione e a fornire, su richiesta delle autorità, le chiavi per decodificare le comunicazioni crittografate.

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