Ponte Morandi. Le eccellenze Made in Italy per demolizione e ricostruzione

Sulla ricostruzione del Ponte Morandi si alternano diverse vicende e diversi pareri.

Sfiduciati per il crollo annunciato di una infrastruttura così importante, diversi commentatori si chiedono se non sia necessario bandire il cemento armato nella costruzione degli edifici.  In realtà il cemento armato, considerato nei decenni scorsi un materiale pressoché eterno, si è rivelato vulnerabile al tempo come tutto.

Per cui diversi osservatori e architetti pensano che per la ricostruzione del nuovo ponte di Genova sia necessario affiancare agli ottimi professionisti italiani anche degli esperti di altri paesi, che hanno una lunga esperienza nella costruzione di ponti e che potrebbero intervenire con grande efficacia nella progettazione.

In particolare si citano spesso i progettisti americani e giapponesi che di ponti sembrano intendersene parecchio. Il tutto anche in una logica di eleganza oltre che di durata.  Eppure, nonostante sia comprensibile una sfiducia nel sistema italiano dopo tragedie annunciate di così grave entità, l’Italia ha a disposizione tutte le competenze per poter fare da sola.

A partire dalla demolizione della parte rimanente del ponte Morandi.

I vecchi video dove gli edifici vengono colpiti con una palla oscillante, hanno fatto il loro tempo. Ci sono delle imprese, come la Despe di Bergamo, che sono leader internazionali nella demolizione e utilizzano delle tecniche straordinariamente efficaci ed innovative. Proprio l’azienda lombarda è in grado, ad esempio, di demolire grattacieli in contesti urbani, attraverso il metodo TopDownWay, che è stato premiato più volte a livello mondiale in quanto ad efficacia ed  innovazione.

E per la progettazione, non solo Renzo Piano, genovese, è sostanzialmente il più grande architetto del mondo, tanto che negli Stati Uniti per definirlo non si usa più nemmeno il cognome ma semplicemente lo si chiama “L’architetto”, ma centinaia di professionisti sono colmi di idee fantastiche.

Ma per di più L’Italia ha a disposizione una quantità di competenze e di manualità unica al mondo. L’Ilva è in grado di lavorare le strutture in acciaio con dei processi che sono primi a livello europeo, se non mondiale e potrebbe fornire un materiale che il mondo intero potrebbe invidiarci. Anche per la realizzazione la Fincantieri potrebbe costruire il necessario assieme alle competenze dei tecnici di Autostrade, che in barba alla negligenza dell’azienda, sono al contrario di una competenza e capacità di innovare assolutamente indubbia. E anche chi opera nella realizzazione dei viadotti potrebbe dare il suo contributo.

Chi chiama in causa altri paesi, pur con ottime intenzioni, dimostra di non conoscere Genova. Genova non chiama paesi esteri a farsi aiutare, non lo ha mai fatto. Così come Genova è stata ferita, Genova stessa, con le sue capacità, deve curare il suo danno, perché quando si parla di ricostruire e di dimostrare la nostra capacità di ripresa, gli italiani sono in grado di stupire il mondo, e soprattutto, loro stessi.

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