Facebook è un social network. Dentro troviamo tutti i nostri amici o presunti tali. Dentro parliamo del nostro lavoro. Seguiamo gruppi che ci fanno incontrare colleghi o competitor. Usiamo Messenger per colloquiare con chi conosciamo, e se impostiamo l’app possiamo usarlo anche per gli Sms.
Facebook lo usiamo per connetterci a molti siti, per commentare con sistemi come Disqus. Lo usiamo per entrare nei giochi, per collegarci su Amazon o su altri servizi.
Facebook ora vuole anche farci comprare oggetti, servizi o qualsiasi cosa abbiamo bisogno tramite lui.
Lasciamo perdere che come inizio ha permesso di vendere armi, sesso e droga. Qualche errore può capitare. D’altronde vendere fucili a pompa e hashish liberamente non è poi così grave. Zuckerberg può farlo senza incorrere in nessun problema con la legge. Non provateci voi a farlo sul vostro sito o il vostro gruppo, sareste arrestati, voi.
Facebook può permettersi di farci parlare con gli amici, di farci entrare in servizi online, può permettersi di farci comprare merci e servizi, telefonare, messaggiare.
Facebook può permettersi troppe cose. E nessuno, ormai la maggioranza di noi è completamente avulsa dal pensare, che ha un sobbalzo per cercare di dare uno stop a tutto questo immenso potere.
Far comprare le cose danneggerà prima di tutto migliaia, milioni di piccoli ecommerce. Chi avrà la forza di competere con un mostro così enorme e tentacolare? Chi potrà non fidarsi del servizio di sorveglianza di Facebook? Se decidesse poi di fare da tramite per i pagamenti (cosa che farà sicuramente) diventerà il deus ex machina di tutto il sistema di vendita online.
Darà fastidio a mostri come Amazon o Ebay? Non penso. Gli squali tra loro non si mangiano. Scorrono invece insieme nell’acqua come avidi e famelici divoratori di sardine.
E le sardine siamo noi. Noi che compriamo. Noi che abbiamo un piccolo negozio locale. Le Pmi italiane e quelle dei Paesi dove il piccolo commerciante resiste ancora.
Troppa immaginazione? Non credo. D’altronde su questo conta il sig. Zuckerberg. Sul nostro sonno, sulla nostra ebete faccia da selfie.
Svegliamoci.