Nizza. Da paradiso ad inferno

La festa era appena iniziata, i fuochi d’artificio erano nel cielo, stavano svanendo i sogni che tutti facciamo quando guardiamo incantati la volta celeste alla ricerca del colore più bello, del “botto” singolare. I bambini estasiati non vedevano l’ora di mangiare un bel gelato, di bere un succo di frutta, magari correndo dietro al loro amico di sempre o giocare con il proprio papà.
Le persone passeggiavano, pensavano di essere fortunati di poter passare il 14 luglio, festa importante per la Francia, li, nella Promenade di Nizza, il paradiso d’Europa, esclusiva e così accessibile allo stesso tempo. Il tempo era bello, il caldo leggero e il vento appena accennato.
Meno di un minuto. Meno di 60 secondi. Questa è la differenza tra paradiso e inferno. 60 secondi di persone schiacciate, distrutte, dilaniate da un camion che andava a zig zag per colpire il numero più alto di persone. Bambini, tanti bambini, adulti, anziani, chiunque era un target buono per l’attentatore. E dopo che il camion era passato c’era paura, sgomento, forse anche qualcuno che ha pensato come poteva essere passato indenne da tutto questo. E soprattutto morte. Dopo il camion c’era morte.
L’attentatore era francese, di provenienza marocchina ma cresciuto e con nazionalità francese. Non era religioso, non andava a pregare ne conosceva persone implicate nel terrorismo internazionale.

NIzza strage sul lungo mare
Eppure ha distrutto centinaia di vite, dai più piccoli, bambini di due o tre anni fino ad anziani ignari che il 14 luglio potesse essere la loro ultima notte.
La giostra sulla Promenade è avvolta da un grande telo di plastica bianca. Sul marciapiede si scorgono ancora alcune macchie di sangue, un piccolo sandalo a infradito di colore rosso e blu, due passeggini schiacciati uno sull’altro, un album di figure da colorare, c’è anche un lecca lecca gigante ancora nella sua confezione.
A ognuno di questi tendoni bianchi corrisponde una sterzata del camion sul tratto di lungomare riservato ai pedoni. Se ne contano undici in tutto, coperti da questi teli che dovrebbero nascondere l’orrore, ma si tratta di una lotta vana. I passanti che guardano dall’altro lato della strada sanno cosa cercare. Una signora americana richiama l’attenzione del gendarme di guardia. Indica un punto scuro sotto alla palma in mezzo alla carreggiata. «Povero bambino» dice. L’uomo in divisa aguzza lo sguardo, annuisce. Si dirige sotto l’albero, e raccoglie una maglietta di colore giallo, lacerata e con una grossa chiazza scura al centro. Sull’etichetta c’è scritto 8-10 anni. Circolate, dice sconsolato il gendarme, non c’è più nulla da vedere.

Per ora le vittime comprese tra 0 e 12 anni sono dieci, altri 54 piccoli sono stati ricoverati, una quindicina in gravi condizioni, altri rimarranno mutilati.
Bisogna immaginarsi cosa può aver provato Sean Copeland nei suoi ultimi istanti di vita, mentre cercava suo figlio Brodie, 11 anni, che forse aveva perso nella calca, forse era solo lontano. Hanno ritrovato i loro corpi a cento metri di distanza uno dall’altro, separati dalla giostra.
La strage di Nizza verrà ricordata per l’ultimo tabù infranto, per questa passo definitivo verso il Medioevo.
Il camion a zig zag
Alle 22:30 un camion si è lanciato sul pubblico riunito per la festa nazionale del 14 luglio. I testimoni raccontano di colpi di fuoco sparati dalla polizia per fermare il camion nella sua corsa folle, lunga ben due chilometri e a zig zag, per fare più vittime possibile. In quel momento stavano esplodendo in cielo i bengala che festeggiano la presa della Bastiglia
L’automezzo, un tir bianco, ha travolto almeno due cordoni di sicurezza, la sua intenzione era scagliarsi contro la gente ferma in strada per assistere allo spettacolo. La prefettura delle Alpi Marittime ha evocato un attentato di natura terroristica, chiedendo agli abitanti di Nizza di rimanere chiusi in casa. E lo stesso hanno fatto i gendarmi con i clienti dei numerosi bar aperti sl lungomare, bloccati dentro i locali chiusi a chiave seguendo le indicazioni delle autorità.

Un nuovo massacro dopo quello del 13 novembre scorso a Parigi. Sul selciato i corpi delle vittime coperti dai teli blu sono decine. Daniel Allemand, cronista di Nice-Matin si trovava sulla Promenade des Anglais al momento della corsa folle del camion. “La gente correva, con gli agenti della Polizia che urlavano di correre dalla parte opposta della strada. Non so come ci è riuscito, ma il camion è salito sulla promenade e ha falciato centinaia di persone. Ho visto corpi volare come birilli. Sull’asfalto c’è sangue dappertutto”. Le immagini registrate subito dopo l’attentato mostrano turisti in fuga e in preda al panico. Un testimone che si trovava in un ristorante sul mare racconta di aver sentito degli spari, dal suono ben diverso di quello dei fuochi di artificio. Altri testimoni hanno parlato di raffiche di mitra e colpi di pistola, dirette sulla folla.

La polizia ha risposto al fuoco aperto dai terroristi a bordo del camion. Le prime foto riprese dalle case di fronte mostrano il muso del tir crivellato di colpi. “La musica copriva tutto”, racconta un altro testimone. “Nessuno ha capito cosa stava succedendo, e questo ha impedito alla gente di mettersi al riparo. Il camion è arrivato a grande velocità su una strada completamente piena di gente rivolta al mare per guardare i fuochi di artificio”.
Il camion di 4 tonnellate è avanzato a 80 chilometri all’ora facendo una sorta di slalom tra la gente, per fare il massimo di morti. Le vittime e i feriti sono su oltre 2 chilometri del celebre lungomare. Il camion è stato fermato dalla polizia davanti all’hotel Negresco, uno dei simboli di Nizza.

L’uomo ha sparato anche contro i poliziotti e un agente, probabilmente quello che ha inseguito il Tir a bordo di uno scooter, è rimasto ucciso. Secondo i media francesi, il terrorista sarebbe arrivato in Francia proprio dal Nord Africa a bordo del camion utilizzato per la strage. Secondo quanto riporta l’altra rete all news Bfm Tv, nel veicolo sono stati trovati anche un telefono cellulare, un bancomat e una patente. Il veicolo, hanno confermato fonti di polizia, era stato noleggiato qualche giorno fa nella regione di Nizza.

Gli italiani scomparsi

«Non risponde, non risponde… Capisci, papà non risponde» dice una ragazza italiana, incollata al telefono, arrivando di corsa di fronte alla rampa delle «urgences». La ragazza passa al di là delle transenne, all’ingresso dell’ospedale Pasteur e si infila veloce nell’atrio presidiato dagli addetti della sicurezza. Al piano terreno, dietro un’ampia vetrata, è stata creata un’area di prima assistenza con medici e psicologi. Qui si aiutano i familiari delle vittime ad affrontare il dolore. La ragazza dopo un po’ esce in lacrime, circondata da volontari della protezione civile che la aiutano a distendersi sulla barella di un’ambulanza. «Ditemi dov’è», urla all’infermiere che la sorregge.   Ecco lo strazio dei parenti italiani che dall’altra sera hanno perso tutti i contatti con padri, madri, sorelle. Approdano qui tutti i parenti in cerca di notizie, poi le autorità li accompagnano in un luogo protetto, per le formalità. Sono una decina i telefoni che non rispondono, ormai da ore, consumando ogni speranza di chi ha raggiunto Nizza in giornata. Una decina di italiani di cui non si conosce ancora il destino, sono nell’elenco dei dispersi, in quel limbo che non è ancora dolore ma è cupa speranza. Nessuna notizia ufficiale. Per riconosce i corpi servirà l’esame del Dna, fanno sapere le autorità francesi, lasciando intendere l’orrore in cui sono stati trovati i corpi disseminati dal Tir sul lungomare di Nizza. E che l’attesa, per alcuni, sarà ancora lunga.   Di fronte all’ospedale il via vai è continuo. Ci sono i feriti più fortunati che escono in stampelle. Gli altri sono dentro, nel reparto di terapia intensiva. Come Andrea Avagnina, 53 anni, consigliere comunale di San Michele di Mondovì. È in fin di vita. La moglie Marinella Ravotti, 55 anni, è in cima all’elenco dei dispersi. La coppia era in vacanza dall’inizio della settimana in Costa Azzurra, dove hanno una casa di villeggiatura. I parenti, partiti ieri mattina per Nizza, sono stati accolti in ospedale dagli psicologi fatti arrivare anche da alte città, come Marsiglia e Tolone. In giornata sono stati raggiunti dalla figlia, che lavora a Palma di Maiorca, nelle isole Baleari. Anche lei ha seguito l’orrore dell’attentato sulle tivù, sapendo che papà e mamma si trovavano sulla Promenade.
Tra i feriti c’è Gaetano Moscato, il nonno-eroe, pensionato Olivetti, di Chiaverano, in provincia di Torino. Gli hanno amputato la gamba sinistra al di sotto del ginocchio: si è ferito per salvare i nipotino di 13 anni. La terza ferita italiana ricoverata al Pasteur è Matilde Massari: è grave ma non sarebbe in pericolo di vita.
E poi c’è dramma dei bambini uccisi. Negli elenchi dei dispersi non ci sarebbero minorenni italiani. A confermarlo è anche un medico chirurgo ortopedico in servizio all’ospedale pediatrico di Nizza Fondation Lenval. «Non mi risulta – afferma Federico Solla – che ci siano bambini italiani tra quelli ancora ricoverati. Da quando sono in servizio non ho visto minori italiani arrivare in ospedale».

Nizza. Italiani scomparsi

C’erano molti italiani sulla Promenade des Anglais, l’altra sera, a vedere i fuochi d’artificio specchiarsi sul mare. Compresa una comitiva di una settantina di universitari della Facoltà di legge di Torino, arrivati da pochi giorni a Nizza per un programma di studi. «Ci siamo salvati grazie ad una tettoia che c’è lungo la passeggiata. Siamo stati molto fortunati a sopravvive», raccontano dal campus universitario sulle colline di Nizza. «Il camion – spiegano – stava per venirci addosso poi ha cambiato direzione, puntando sulla gente. L’autista ha sterzato per evitare di schiantarsi contro la tettoia, altrimenti non sarebbe riuscito a fare tanti morti».

Sono fuggiti nelle strade laterali o lungo la spiaggia. «Sentivo i colpi del camion contro i pali e contro la gente – dice Anna Vandelli, 23 anni – tutti urlavano, io pensavo solo a scappare». I suoi genitori hanno sentito tutto al telefono, perché quando il Tir è piombato sulla Promenade lei aveva appena composto il numero per raccontare loro lo spettacolo di fuochi sull’acqua. In diretta hanno vissuto l’incubo dell’attentato, ma subito dopo hanno provato il sollievo di saperla in salvo.

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