Intervista a Sonia Sandei del Gruppo Enel: le donne nella transizione green, digitale, energetica

Abbiamo intervistato Sonia Sandei per Scripta Manent. Da gennaio 2021 Sonia Sandei è Head of Electrification del Gruppo Enel, già Head of New Business di Enel X che il settore del Gruppo Enel che si occupa di servizi e prodotti di innovazione e trasformazione energetica; Vicepresidente di Confindustria Genova con delega a Energia e Infrastrutture; nonché Ambasciatrice della Città di Genova nel Mondo.

Sonia Sandei, Enel X è un progetto innovativo che attua un esperimento di mobilità elettrica a Santiago del Cile con il trasporto pubblico, sappiamo che ci sono dei test anche a Savona. Cos’altro si prevede per il nostro futuro?

Posso dire che cosa è previsto per l’Italia, i nostri progetti partono dal Cile, 4 anni fa. Pochi lo sanno ma Enel X è il primo player mondiale con 1.300 autobus elettrici eserciti: è la prima utility di bus elettrici al di fuori della Cina. Il primo produttore di bus elettrici è la Cina, naturalmente, ma noi ci posizioniamo immediatamente dopo, in termini di esercizio di flotte di bus elettrici. Quello di Santiago del Cile è stato il primo esperimento che abbiamo promosso, prima con un piccolo progetto pilota. Come si fa quando un’esperienza è nuova e innovativa, poi dopo un anno il pilot è cresciuto, e oggi siamo a 435 mezzi eserciti nell’ambito della sola città di Santiago: mezzi elettrici su gomma ma non solo questo. Anche in Italia, già da due anni, stiamo tentando di proporre un modello integrato chiavi in mano, lo chiamiamo “mobilità-as-a-service”. E’ un progetto integrato che oltre ai bus elettrici include anche tutte le strutture di ricarica, perché i bus elettrici devono essere alimentati da infrastrutture di ricarica. Ma soprattutto prevede anche l’efficientemento energetico dei depositi, quindi una sorta di “Energy Community” nell’ambito delle aziende del trasporto pubblico, che consente di avere un servizio chiavi in mano, per far funzionare tutto il servizio nella sua interezza. Perché quello che manca in questo momento nel nostro paese è l’expertise legata al trasporto elettrico pubblico. 

Le aziende stanno creando questa competenza al loro interno ma non esiste ancora, quindi il nostro obiettivo è stato, in Cile, e naturalmente adesso in Italia, di accompagnare le aziende del trasporto pubblico verso la transizione energetica, verso l’elettrificazione del trasporto. Che non è solo una sostituzione puntuale di un mezzo termico con un mezzo elettrico, ma un sistema complesso perché vanno previste le infrastrutture di ricarica nel modo corretto, affinché non incrementino eccessivamente la potenza della rete: dobbiamo prevedere degli “smart charger” impegnando meno potenza possibile, perché nelle grandi città non c’è una grossa disponibilità di potenza, quindi solo un’utility che fa questo di mestiere – ed è per questo che siamo entrati in questo mercato – può consentire alle aziende del trasporto pubblico, soprattutto nel nostro paese, di fare il passaggio necessario. 

In Italia inoltre abbiamo una flotta di trasporto pubblico molto vecchia, con una media di 12,3 anni, contro la media europea di 7 anni circa. C’è molto da fare e questo è un progetto che consente di accelerare la transizione energetica, la speranza è che le aziende del trasporto pubblico con questi progetti di transizione “chiavi in mano” possano raggiungere le competenze, crearsi le competenze dopo questa fase di passaggio, per poi procedere autonomamente.

C’è anche il tema del Recovery Fund che è stato toccato al Mobility Innovation Tour, in relazione all’associazione dei trasporti ASSTRA. Quali sono stati i nuovi punti illustrati al Mobility Innovation Tour? 

E’ stato un passaggio importante perché era presente il professor Catalano che è il capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture ed eravamo insieme al presidente Gibelli, il presidente di ASSTRA. Le istanze delle aziende di trasporto pubblico sono da noi condivise in questo momento. Anche le aziende del trasporto pubblico hanno la necessità di accelerare il rinnovo della flotta e quindi avere una flotta più moderna, con anche servizi più smart per noi cittadini che in questo momento stiamo vivendo una fase complicatissima in cui mi viene da dire che la nostra domanda di trasporto pubblico è molto diversa rispetto al passato, è quasi puntuale. Non ci sono più, vuoi per lo smart working, vuoi per la FAD (la formazione a distanza), le situazioni di domande, i picchi, le morbide cosiddette che c’erano in passato. Quindi noi dobbiamo anche avere degli strumenti che ci consentano in qualche modo di rispondere alle nuove necessità. La nostra istanza insieme alle aziende del trasporto pubblico è stata proprio di accelerare l’impiego dei fondi Mit, che ci sono già a prescindere dai fondi Recovery: abbiamo 3,7 miliardi nell’orizzonte temporale 2019-2033 per rinnovare la flotta. 

Enel X a Savona

Ma c’è sempre un ma, che è legato al fatto che i fondi devono essere sempre dialoganti e parlanti con i progetti di iniziativa privata, perché in questo momento la pubblica amministrazione, purtroppo, deve pensare anche all’emergenza, e non ha quindi il tempo e magari le risorse per poter pensare a progetti di questo genere. Quindi le aziende private e le utility si pongono come acceleratori per questi fondi, ma i fondi devono parlare con i progetti, per esempio con partnership pubblico-private e devono quindi prevedere, e questo è stato l’oggetto anche del nostro intervento insieme al presidente Gibelli, anche la formula del leasing operativo, della disponibilità dei mezzi, cioè senza dover acquistare i mezzi da parte delle aziende del trasporto pubblico, il che sarebbe anche un risparmio di spesa sul lungo periodo, perché non si può più ragionare nell’ambito della pubblica amministrazione su acquisti puntuali, ragionare sulla vita utile di un bene, come facciamo anche nella nostra vita quotidiana; in questo caso un bus ha una vita utile di 10-12 anni quindi bisogna ragionare su quello che viene definitivo il “total cost of ownership”, cioè il costo a vita intera del mezzo, che consenta alla pubblica amministrazione di risparmiare e a noi cittadini di risparmiare, perché il trasporto pubblico è la seconda voce di spesa di tutte le amministrazioni in tutte le regioni.

A proposito del discorso del “costo a vita intera”, sono nate recentemente delle polemiche sul tema elettrico VS diesel di ultima generazione euro 6. C’è chi dice che in realtà sia più ecologico il diesel euro 6 rispetto all’elettrico, fra questi anche il presidente dell’ACI Angelo Sticchi. Che ruolo ha il trasporto pubblico elettrico nel futuro?

Beh ha un ruolo dominante, tutti gli outlook ce lo testimoniano, anche la crescita della vendita dei mezzi elettrici nell’ultimo anno è stata intorno al 130%. Mentre abbiamo avuto una flessione nella vendita di mezzi tradizionali, quindi la crescita dell’elettrico è una crescita inesorabile. Tornando al tema del “total cost of ownership”, se guardiamo al costo a vita utile del mezzo, quindi il costo a vita complessiva del mezzo, inclusa la manutenzione e tutti gli interventi effettuati nel corso della sua vita utile, ebbene se guardiamo a questo costo non c’è paragone tra il diesel euro 6 e il mezzo elettrico: in Italia il mezzo elettrico costa il 15% in meno rispetto al mezzo diesel euro 6. Se poi guardiamo ad altri paesi, e faccio la case history della latino-America, perché è una case history di 4 anni per noi, addirittura là il costo scende del 25%. Ma perché scende del 25%? perché ovviamente c’è già una diffusione del mezzo elettrico, anche attraverso uno sviluppo della filiera locale che consente ovviamente ai prezzi di essere ulteriormente competitivi. 

Quindi, una riflessione che io farei nel nostro paese è che il mezzo elettrico è oggi più competitivo in termini di “pricing”, in termini emissivi a vita intera rispetto al diesel euro 6, e il secondo aspetto che considererei è il fatto che con un mezzo elettrico possiamo anche guardare al local content, ovvero alla creazione di una filiera, anzi all’implementazione perché una parte di filiera ce l’abbiamo già in Italia, l’implementazione di una filiera produttiva che guardi al mondo dell’automotive. Abbiamo perso tanti pezzi in questi ultimi anni, questo è il momento invece di recuperare dei pezzi di filiere per investire sul futuro. Come ha fatto la Cina, la Cina è un grande champion mondiale da questo punto di vista, perché lo ha deciso, anni fa, con politiche incentivanti ed è stata presa una decisione strategica netta di favorire la produzione e filiera locale, e di favorire l’elettrificazione della mobilità privata e della mobilità pubblica attraverso incentivi. Così sono diventati il più grande player mondiale dal punto di vista della produzione dei mezzi elettrici. E’ una lezione di cui, a mio modo di vedere, sia in Italia e in Europa si possa tenere conto, ora che abbiamo anche una grande opportunità dal punto di vista del Recovery Plan, che è adesso e si gioca con progetti che già esistono. Quindi dobbiamo far leva sui progetti già esistenti. 

C’è un’altra tematica che so che segui con molta attenzione e che è molto importante e delicata: il PayGap, ovvero la discrepanza in termini di retribuzione salariale tra donna e uomo a parità di ruolo e mansione. Qual è la situazione oggi? la politica se ne sta occupando?

Ti ringrazio di questa domanda, so che condividiamo questa passione civile. Questo tema è un tema strategico importante e la risposta è purtroppo che non è molto migliorata la situazione. Il PayGap a livello europeo si attesta al 17%, ed è migliorato di un solo punto percentuale negli ultimi 8 anni, il che non è un dato confortante. Peraltro, un altro dato poco confortante è che se dovessimo considerare il tasso di compensazione del PayGap, quindi il raggiungimento della parità salariale, con i tassi di crescita attuali, ci arriveremmo nel 2104. Questo ci dice che è necessario un cambiamento di passo. Netto, deciso, totale. Anche la situazione italiana si attesta intorno al 17-18% con una grande discrepanza tra il mondo pubblico e il mondo privato. Nel mondo pubblico ci attestiamo al 4% perché c’è maggiore trasparenza, c’è più controllo. Nel mondo privato intorno al 20%, quindi più alto rispetto alla media. Perché è figlio della minore trasparenza. A livello di policy making e di orientamenti politici è necessaria una maggiore trasparenza che ci potrebbe consentire di accelerare. 

Un altro elemento che ci consentirebbe di accelerare è una maggiore partecipazione delle donne nel piano nazionale di resilienza: una maggiore presenza femminile nei settori come la transizione energetica, la transizione green, la transizione digitale, in cui c’è tradizionalmente una minore presenza femminile. Mentre, la maggiore presenza femminile la troviamo, e purtroppo il periodo Covid ce l’ha testimoniato ulteriormente, nel settore della cura. La cura della famiglia, degli asili, che non può essere l’unico ambito altrimenti non superiamo questa sperequazione che c’è. Purtroppo il dato di Banca d’Italia, quindi un dato italiano sulla disoccupazione femminile, ci dice che da marzo a dicembre dello scorso anno la disoccupazione femminile è aumentata del 31%, tre volte tanto rispetto alla disoccupazione maschile

Perché la scelta su chi dovesse rimanere a casa per accudire la famiglia è ricaduta sulla donna?

Sì, assolutamente, perché siamo comunque la fascia più deboli, tra virgolette, essendoci la cura dei figli e della famiglia allargata, dei genitori anziani ad esempio, dove non c’è supporto alle politiche di welfare. Quindi serve più attenzione alle politiche di welfare dove ci sono i bimbi, gli anziani, che siano sostenuti come settore, ma sicuramente più denari a disposizione per una maggior presenza femminile nei settori in cui le donne non sono presenti nei ruoli apicali, dove vengono prese le decisioni. Parlo del mondo delle infrastrutture, parlo del mondo della transizione digitale, parlo del mondo del trasporto. Digitale e trasporto fanno qualcosa come più di 70 miliardi messi a disposizione nel Recovery Fund. Quindi lì dobbiamo migliorare la nostra presenza. E poi non dimentichiamo un dato importante: le statistiche Harvard che ci sono tanto care, McKinsey, ci dicono che se ci fosse una parità salariale tra uomini e donne entro il 2025, riusciremmo a raggiungere un incremento del PIL mondiale del 35%.

Un dato davvero impressionante. Che cosa suggerisce allora alle donne manager che si affacciano al mondo del lavoro oggi per poter migliorare la loro vita lavorativa. Che cosa si può fare nel mondo del business per le donne?

Sicuramente le donne devono essere molto coese nel portare avanti le loro istanze sulla base di numeri. E i numeri quali sono? Con almeno il 15% di donne nel senior management abbiamo un incremento degli utili superiore al 15% (dati McKinsey). Quindi un tasso d’inclusione maggiore nel management di azienda in ruoli apicali, consente di avere un incremento dell’utile aziendale; questo direi che è già una buona notizia per le imprese ed è una buona notizia che dobbiamo assolutamente sfruttare. Una spinta che dovrebbe essere presa in considerazione proprio nell’ottica della vita economica di un’impresa. Un altro dato interessante, sempre un’indagine di Banca d’Italia, ci dice che nel caso in cui l’occupazione femminile raggiungesse il 60% nel nostro paese, avremmo un incremento del PIL di 7 punti percentuali, anche questo è un dato economico. Quindi direi che le aziende devono essere guidate da dati economici: con la presenza femminile in posizioni apicali di “senior management”, non solamente nei board. Abbiamo visto che la legge sulle quote rosa ha portato brillantissimi risultati, però dobbiamo anche avere donne in posizioni apicali che prendono decisioni, per esempio, sul Recovery Fund, dove abbiamo grandi risorse a disposizione per la transizione energetica, per la transizione green, per la transizione digitale, più di 70 miliardi per queste milestone. Dove devono esserci però decisori donne, non possono continuare ad esserci dei decisori maschi, dei decisori uomini. 

Mentre, sappiamo benissimo che le donne sono molto presenti nel settore della cura, nel settore della sanità, ma continuano ad essere poco presenti in settori tradizionalmente maschili. Nel settore delle infrastrutture, nel settore della transizione digitale e nella transizione energetica: la creatività e la capacità delle donne di gestire la complessità di un quadro come quello che purtroppo – post-Covid – si è determinato è fondamentale. E lo ha dimostrato il presidente incaricato di questo mandato esplorativo Draghi, che quando ricopriva una posizione apicale nell’Unione Europea, nella BCE, ha sempre promosso  donne in ruoli apicali. E i risultati si sono visti anche nei successori che hanno seguito Draghi alla Banca Centrale Europea, ma soprattutto ha dimostrato un’attenzione nei confronti del genere sostenuta dai numeri. 

Quindi le statistiche fatte da Banca d’Italia ci danno un dato: avere donne in posizioni apicali, decisori donne, porta a maggiori vantaggi economici?

Esattamente, porta a maggiori vantaggi economici, a una crescita del PIL e a una crescita del fatturato nelle imprese, soprattutto negli ambiti, diciamo, più innovativi. Proprio quegli ambiti in cui le donne sono tradizionalmente meno presenti. Li abbiamo citati, sono ambiti dove ci sono molti investimenti e dove le donne dimostrano anche un’ottima capacità di execution, e spesso, sempre per preoccuparsi della buona riuscita dei progetti, si dimenticano di negoziare il loro salario. Quindi questo è l’altro suggerimento che do: non dimenticatevi, proprio come fanno gli uomini, di negoziare costantemente il vostro salario, perché questo è un altro strumento per superare il PayGap

Alice Salvatore

Dopo un'intensa esperienza in politica, metto al servizio del pubblico le competenze maturate per fare vera informazione. Scopriamo insieme che cosa pensano politici e personalità pubbliche. Verba volant, Scripta Manent!

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