Succede in Emilia, dove una coppia sposata con nozze concordatarie aveva ricevuto un reclamo di cessazione dell’unione in seguito alla “domanda di rettificazione e attribuzione di sesso femminile” avanzata dal marito al quale il “prenome” era stato modificato in Alessandra.
Dopo gli innumerevoli sforzi della coppia, che si era ampiamente battuta per questo divorzio “imposto”, la Cassazione ha stabilito che il matrimonio rimane valido a tutti gli effetti, anche nel caso in cui uno dei coniugi decida di cambiare sesso.
Decisione presa in attesa che il Parlamento si decida e legittimare su argomenti come questo. Il verdetto però non estende il modello di unione matrimoniale alle unioni monoaffettive. Ed è proprio in relazione a questa mancanza di normativa vigente che la Suprema Cassazione ha ritenuto necessario accogliere il ricorso della coppia, tutelando quelli che erano i loro diritti derivanti dall’unione e facendoli valere anche nella nuova condizione.
Una grande soddisfazione quindi, per questa coppia di sposi che ha duramente lottato per far valere la propria unione avvenuta nel 2005 in seguito alla quale, il marito Alessandro Bernaboli, aveva poi iniziato un percorso graduale di presa di coscienza della propria identità sessuale e, con pieno supporto della moglie, aveva deciso di cambiare sesso.
“Questa sentenza è molto importante – afferma Bernaroli – perché di fronte alla politica che in questo Paese spesso non decide, sceglie solo di rimandare, dimostra invece il coraggio dei giudici di affermare la dignità e i diritti di tutte le persone.” E poi conclude “Non ci ricordiamo più di quelle leggi del 1938 che discriminavano alcune persone per il credo o la razza? Ancora oggi, dopo settant’anni, stiamo qui a chiederci se alcune persone vanno considerate di serie B perché sono nate con un orientamento sessuale diverso?. Qualsiasi legge che consideri diverse le persone dimostrerebbe solo che dalla Storia non abbiamo imparato niente”.