Come lanciare un brand sul mercato – Intervista a Elena Sacco, dello IED

E’ possibile per una PMI italiana lanciare il proprio brand di successo senza spendere ingenti capitali? Ne abbiamo parlato con Elena Sacco, Director IED Alumni Relations presso l’Istituto Europeo di Design.

Immaginiamo una PMI italiana, con un fatturato indicativo di 20mila euro/mese e un paio di dipendenti, che vuole lanciare il suo brand sul mercato e non ha a disposizione i budget milionari delle multinazionali. Cosa può fare? E da dove dovrebbe cominciare?

Innanzitutto, e questo vale per qualsiasi azienda, anche la microimpresa, bisogna capire cosa siamo, cosa offriamo, che ruolo e posizione abbiamo nel mercato. E sapere anche cosa non siamo, altrettanto importante.

Bisogna poi conoscere appieno il proprio mercato, capirlo, interpretarlo a fondo. Ma non solamente il mercato di adesso, ma anche e soprattutto il trend, dove i consumatori andranno, per evitare di preparare un piano superato poi dagli eventi e dalle tendenze.

C’è poi l’analisi della concorrenza, fondamentale per capire come possiamo distinguerci e ottenere quel vantaggio competitivo che ci differenzia, per poi stabilire le nostre politiche di prezzo e la nostra offerta finale.

La comunicazione, l’advertising, alla fine, unirà domanda e offerta.

Prendiamo e soprattutto “concretizziamo” ogni punto. Cosa significa che bisogna capire chi si è?

Significa che bisogna definire la nostra identità. Cosa vendiamo? Con quali caratteristiche, proprietà e varianti? Ma non solo. Dobbiamo definire il nostro “tono di voce”.

Ad esempio. Un centro estetico deve usare delle parole, dei colori e delle forme morbide e rilassanti, che si esprimeranno in tutto quello che fa: dal logo dell’azienda, all’insegna fuori dalla porta, ai concept grafici nei banner pubblicitari, persino nel modo di rispondere al telefono e delle specifiche parole con cui accogliere i clienti.

Un’agenzia immobiliare, ancora, potrebbe scegliere un tono informale e vicino alla gente, come un amico che ti dà un buon consiglio, oppure optare per una impostazione di alto profilo, da consulente in giacca e cravatta.

Capire chi si è e come ci si pone al mercato è il primo fondamentale passo.

Secondo punto, studiare il mercato. Ma come può una PMI, che non può permettersi uno studio personalizzato alla “Nielsen”, capire il proprio mercato?

Lo studio del mercato è cambiato nel corso del tempo. Una volta, effettivamente, una azienda doveva investire parecchio in grandi studi e sondaggi per avere una idea del proprio pubblico. Adesso, con gli strumenti a nostra disposizione, è possibile formarsi una idea precisa anche senza budget stratosferici.

Pmi mercato

Il primo elemento sono i sondaggi. Il sondaggio deve essere impostato con molta perizia. Le domande, come vengono poste, persino in che ordine sono poste, possono influire notevolmente sulle risposte. Per questo, effettivamente, è bene investire in un consulente, che tuttavia ha prezzi abbordabili per una PMI.

Ci sono diverse possibilità: dalle indagini street nel proprio quartiere, ai sondaggi online sui social network, fino all’ascolto delle conversazioni digitali che normalmente si svolgono nei gruppi Facebook etc.

Un altro metodo è il vecchio e caro “focus group”. Un gruppo di potenziali consumatori, che parla, interagisce con noi, prova dei campioni del nostro prodotto, ci confida cosa può sembrargli utile.

L’unione di un buon lavoro di sondaggio e di ascolto di gruppi può veramente portare, senza costi esorbitanti, a capire cosa vogliono i nostri acquirenti.

Quando possiamo renderci conto che “conosciamo” il nostro mercato?

Quando abbiamo capito come ragiona. Quando abbiamo appreso con sicurezza il profilo del nostro cliente, che età media ha, quanto e come lavora, come pensa, in che valori crede, a chi chiede prima di acquistare.

E soprattutto quando abbiamo afferrato le motivazioni che lo convincono a comprare: il prezzo più basso? La lunga durata del prodotto? Il supporto post-vendita? La velocità di consegna?

Ma anche le resistenze all’acquisto. Cosa lo frena? Di cosa ha paura? Di non avere un servizio clienti adeguato? Di spendere e poi non sapere usare il prodotto? Di non poter cambiare il prodotto una volta acquistato?

Quando sappiamo chi è il nostro cliente, perché compra e perché no, possiamo dire di conoscerlo.

Ma attenzione: questo processo non deve limitarsi solo alla prima fase di analisi e studio, a quando si stende il piano marketing. Oggi l’ascolto deve essere costante, continuo. L’azienda deve chiedere in continuazione il parere dei propri clienti, anche quando sarà sul mercato da anni, e modificare continuamente quello che fa per mantenere saldo il proprio posizionamento e percezione.

Come si analizza la concorrenza, di nuovo, senza budget milionari?

Dipende da come la nostra concorrenza è strutturata ovviamente, ma in linea generale ci sono due grandissimi strumenti. Il principale è il mystery shopping o mystery experience: un esperienza d’ acquisto di prodotto o servizio in incognito.

A costo zero, possiamo capire i nostri “avversari” cosa offrono, come si muovono, a cosa stanno attenti, come si pongono. Da qui si apprendono i loro punti di forza e di debolezza.

Chiarita offerta, mercato e concorrenti, parliamo di comunicazione ed advertising. Qualche regola fondamentale per non sbagliare?

La prima cosa è stabilire le proprie priorità. Può sembrare ovvio e invece accade molto meno spesso di quanto si creda. Dobbiamo avere chiaro in mente cosa vogliamo e il nostro desiderio non può essere semplificato con “vendere”.

Che vogliamo come obiettivo? Che la gente ami il nostro brand? Che si iscriva alla nostra mailing list? Che ci richiamino per ottenere un preventivo? Che ci segua sui social?

Secondo: consiglio di puntare su attività “lancio” molto grandi, ben organizzate, che facciamo tanto rumore, che facciano parlare per settimane. Meglio una grande campagna che domini la comunicazione per una decina di giorni piuttosto che una comunicazione “mediocre” che prosegue per mesi senza mai sfondare definitivamente.

E ancora. Niente stalking. Vedo spesso errori di agenzie che premono sulla comunicazione, esagerando e disperdendo i messaggi spesso incoerenti tra loro.

E’ controproducente assillare il mercato con il proprio messaggio. Puntiamo sulla qualità e memorabili della comunicazione che crei connessioni reali ,  più che sul continuo ed ininterrotto stillicidio di advertising.

E poi non dimentichiamoci che siamo nell’era del branded content e branded entertainment ossia messaggi di CONTENUTO e non certo di adv per avvicinare il consumatore con tematiche e valori.

Qualche esempio di campagne branded content o branded entertainment che ti hanno colpito?

Il film di Lego è un esempio magnifico. Una produzione dove ogni elemento, ogni fotogramma o gadget, fa pubblicità al prodotto, ma anche l’iniziativa di DUDE per Netflix con l’apertura dei negozi di pollo fritto in onore del protagonista della serie Breaking Bad.

Sono tutti casi dove la comunicazione è stata portata avanti in maniera efficace e innovativa: più in piccolo, ovviamente, idee del genere possono essere di ispirazione anche per le PMI italiane.

Ognuna di queste fasi prevede delle competenze particolari ed è normale che l’azienda si metta alla ricerca di personale. Come distinguere un buon consulente?

Innanzitutto un consulente di marketing e comunicazione deve essere accreditato dalla sua esperienza sul campo attraverso credenziali REALI per brand ed aziende che possano provare la sua collaborazione, cosa che non sempre accade.

Il consulente deve poi avere avuto esperienza reale con le piccole medie imprese, ossia avere già lavorato con attività simili proprio perché peculiari, con logiche di risultato e processi molto davvero molto diversi dalle grandi corporation.

E non ultimo: deve avere portato dei risultati. Non esitare in fase di recruiting a chiedere una case history o i dettagli di un progetto dove si è arrivati concretamente dal punto A al punto B, con tanto di dettagli e metodologia e risultati concreti precisi.

Insomma: concretezza e passi dimostrabili.

Niccolò Giraudo

Torino è una città fantastica, specialmente per chi ama il design in tutte le sue forme. Chi non ci credesse può venire a casa mia: matite e pennelli non mancano. Si può anche suonare il violoncello. È l’ambiente ideale anche per recensire un film, un blog o un nuovo tostapane. Provare per credere.

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