Fratelli d’Italia è stato premiato nelle recenti elezioni regionali liguri: una crescita esponenziale in una regione storicamente di centrosinistra. Con l’Assessore Gianni Berrino, cerchiamo di capire, oltre al premio elettorale, come lavorare sui temi urgentissimi di una regione tra le più colpite dal Covid ma non solo. Le vecchie ferite sulle autostrade e sul turismo si fanno ancora sentire.
Assessore, una crescita notevole per Fratelli d’Italia. Come la spieghiamo?
Un risultato più che buono rispetto alle elezioni precedenti. Diciamo che la Liguria si è attestata in quel trend di crescita che ha visto il partito che rappresento crescere a livello a livello nazionale nell’ultimo anno.
Penso che sia dovuto alle posizioni di Giorgia Meloni, posizioni che non sono mai cambiate negli ultimi anni, e al non essere entrata nel governo del 2018 insieme alla Lega e Movimento 5 Stelle. Devo dire che a livello locale le liste erano ben rappresentative dei territori e alcuni successi personali hanno contribuito naturalmente al successo del mio partito.
Nessuno di noi, senza il partito alle spalle, avrebbe potuto ricevere questo premio: diciamo che forse cinque anni di governo in Liguria, sotto alcuni aspetti, hanno contribuito a questo risultato.
All’indomani della nomina ad Assessore, aveva richiesto il “paracadute”: se fosse stato rimosso dalla carica avrebbe voluto essere reintegrato come consigliere. Come è finita?
Ormai si è conclusa con un nulla di fatto: ci siamo dimessi e non ci possono essere provvedimenti retroattivi.
Nonostante questo continuerò nella mia battaglia che era quella di far sì che un eletto, e quindi un consigliere regionale che deve ricoprire l’incarico di assessore, possa dimettersi da consigliere regionale per espletare meglio il suo lavoro, senza sommare gli impegni di consigliere a quelli di assessore.
Ma nel momento in cui, per qualsiasi motivo, dovesse dimettersi da assessore, possa tornare in consiglio così come hanno voluto gli elettori. Penso che sia una battaglia democratica che avviene già in Parlamento, perché i Ministri che sono scelti tra i deputati non perdono questa qualità e tornano ad esserlo.
Accade già in altre regioni d’Italia?
È presente in Lombardia. Al di là dell’interesse personale ed egoistico penso sia una giusta presa di posizione per non far perdere il posto a chi se lo è guadagnato attraverso il voto, ma anche per far sì che i cittadini non si trovino senza coloro che hanno scelto per farsi rappresentare all’interno del Consiglio.
Trasporto pubblico in Liguria: c’è stato un grande dibattito sulle attuali percentuali di capienza per il tema Covid.
È un tema di discussione che parte dalla percezione del pericolo che hanno i cittadini, dato che non c’è nessun dato scientifico che dica che sui mezzi pubblici vi sia una trasmissione maggiore che in altri settori della vita sociale.
Certo, tutti i nostri mezzi pubblici sono omologati per trasportare circa 6 persone per metro quadrato e quindi anche il 50% dei posti occupati sul totale dà l’impressione che l’autobus sia pieno.
Ma pensare di poter trasportare il 100% o l’80% dei passeggeri di un anno normale come è stato il 2019, al netto dei lavoratori di smart working, con la ripresa delle scuole e il 50% di capienza dei mezzi è praticamente impossibile, anche facendo ricorso a tutti i mezzi privati disponibili e ai bus turistici che sono fermi da marzo.
L’unica soluzione che proporremo è quella di dimezzare l’offerta e quindi di scaglionare i tempi di entrata e di uscita di parecchie ore. Altrimenti nessuna regione riuscirà a trasportare gli studenti.
Per aumentare il parco mezzi bisogna attingere al fondo nazionale per il trasporto pubblico. Che cosa dicono da Roma: arriva per la Liguria?
È una battaglia che ho sempre portato avanti, anche prima del Covid. È un fondo che ad ora permette solo di sopravvivere, e non certo di trasportare con una certa frequenza e una certa comodità tutti i passeggeri di una regione dove il trasporto pubblico è molto utilizzato.
Avremmo necessità di più mezzi e quindi di più autisti: di più tram ma anche di più infrastrutture e quindi strade e ferrovie. Se c’è una cosa che questo Covid ha messo a nudo è l’insufficienza del fondo nazionale per i trasporti.
Se oggi il governo stanziasse un miliardo per comprare autobus, non li troveremmo sul mercato perché naturalmente nessuna fabbrica avrebbe prodotto in surplus per poterli comprare.
Quello che oggi si può fare è frazionare la richiesta di mezzi pubblici per poter garantire a tutti di essere trasportati. Penso anche che al netto di tutti gli investimenti che sono stati fatti in questo momento di Covid, un miliardo di euro in più all’anno per il trasporto pubblico locale lo Stato italiano possa permetterselo.
Oltre alla tragedia del ponte Morandi vi sono in Liguria continui disagi autostradali. Se fosse stato al governo come avrebbe agito? Che direbbe alla Ministra? Lei al suo posto cosa farebbe?
Alla Ministra ho già detto parecchie cose. Oggi c’è il Covid, per cui nei weekend non abbiamo le code, ma se oggi fossimo nel 2019 saremmo già preoccupati per cosa potrebbe accadere al ponte dell’8 dicembre.
Questa è una situazione che si protrae ormai da aprile del 2020 e non sta migliorando: non lo contesto e non posso contestarlo solo al Ministro, ma lo dico ai tanti che l’hanno preceduta. Sicuramente i controlli su quel che stava facendo Autostrade dovevano essere fatti prima.
E poi rimane quel buco nero sui diversi metodi con cui questi controlli sono stati fatti. Forse era il caso di chiarire subito con che metodo dovevano essere eseguiti, perché avremmo risparmiato almeno tre mesi di lavori. Se fossi al governo come ministro dei Trasporti sosterrei che la Liguria ha bisogno di infrastrutture autostradali o quanto meno di una Aurelia bis, che possa costituire a Ponente un’alternativa all’autostrada.
Tornando al discorso dei treni, anche nel periodo pre Covid l’offerta non era sufficiente. Avete in programma un progetto per modificare il contratto di servizio con Trenitalia?
No, di modificare il contratto di servizio no. Per le fasce pendolari servirebbe qualche treno in più, perché quelli esistenti sono mediamente pieni : ma non ci sono più treni perché manca l’infrastruttura.
Il Nodo di Genova dovrebbe dividere i treni dei pendolari dai treni a lunga percorrenza, e il Terzo Valico permetterebbe di far transitare più treni con percorrenza maggiore, recuperando i tempi. Prima ancora di pensare al contratto di servizio, che può cambiare qualche treno ma non tutto, bisogna pensare all’infrastruttura.
Su questo abbiamo fatto un piano di quindici anni, dove è prevista la conclusione di alcune infrastrutture e l’inizio dei lavori per terminarne altre, come il raddoppio a Ponente.
Ha citato il Nodo ferroviario di Genova. Nel contratto attuale di servizio non pare sia previsto quell’incremento di treni che servirebbe al completamento dell’opera. Vedremo mai l’opera finita?
La speranza è l’ultima a morire: io mi auguro proprio di sì, che venga completato in tempi utili per modificare il contratto di servizio.
Io ritengo che ci sia la possibilità di incrementare i treni anche con l’attuale contratto di servizio, che prevede un aumento chilometrico e quindi un aumento della produzione. Poi vedremo dal punto di vista economico come questo verrà gestito.
Al di là del contratto di servizio, il Nodo ferroviario di Genova è fondamentale. Genova è un nodo importantissimo, e nell’area metropolitana, da Nervi a Voltri, ci sono tantissimi pendolari e cittadini che usano il treno come se fosse una metro di superficie.
Abbiamo decine di migliaia di persone: è chiaro che non possiamo pensare che i treni che vengono da Spezia o Ventimiglia raggiungano Genova e debbano stare in coda ai treni “urbani” metropolitani. Il Nodo ferroviario che interessa la stazione di Principe e di Brignole, e tutta l’area circostante, è assolutamente necessario per creare ordine e velocità, e abbattere definitivamente quei ritardi che si creano quando qualche intoppo avviene nelle stazioni principali di Genova.
Immagini di inviare un telegramma alla Ministra Paola De Micheli, cosa le direbbe?
Se si vuole migliorare il servizio pubblico ci vuole un maggiore investimento. Noi lo quantifichiamo in almeno un miliardo all’anno, per poter assicurare la vita delle aziende che garantiscono il trasporto e per migliorarne la qualità di servizio.
Lo abbiamo imparato dopo la caduta del ponte: tutte le persone che sono abituate a viaggiare con il trasporto pubblico non lo hanno più lasciato. Dando una maggiore offerta avremmo più passeggeri che usano i mezzi pubblici anziché l’auto privata.