Andrea Benveduti assessore allo Sviluppo economico, Industria, Commercio, Artigianato, Ricerca e Innovazione tecnologica, Energia, Porti e Logistica, Digitalizzazione del territorio, Sicurezza, Immigrazione e Emigrazione, Partecipazioni Regionali parla con Scripta manent del futuro economico della Liguria
La Liguria sta patendo duramente le restrizioni per via del Covid, in particolare gli esercizi commerciali e di ristorazione: quali soluzioni ha messo a punto la Regione Liguria e quali si sono rivelate più efficaci?
La Regione non può dare delle soluzioni a un problema che è mondiale e continentale. Tanto per cominciare dovrebbe essere lo Stato – spiega Andrea Benveduti – a dare delle soluzioni e dei reali aiuti significativi. Sentivo stamattina al telegiornale che in Germania la Merkel in certe situazioni pagherà fino al 75% del fatturato dell’anno precedente.
Quello è uno Stato serio, sovrano, uno Stato che interviene e poi la Regione può intervenire per fare un lavoro di rifinitura con i mezzi che ha, perché se la Regione deve fare quello che dovrebbe fare lo Stato, è una situazione abbastanza irrealistica.
Io ho cercato di dare una strategia logica al mio intervento, che non fosse un intervento “a pioggia”, anche perché c’erano dei vincoli normativi che lo impedivano, ma di avere una strategia già da maggio-giugno, che era quella di tenere in qualche modo viva un’attività.
L’ho fatto attraverso due bandi da più di 30 milioni di euro, che rifinanzierò in maniera significativa, puntando sulla digitalizzazione e sull’adeguamento dei siti produttivi perché la digitalizzazione è un cavallo che corre a prescindere dal Covid.
Parliamo di digitalizzazione: come possiamo aiutare l’entroterra, specie con il discorso della banda larga?
Sul tema della banda larga ho fatto diversi incontri anche con gli amministratori delegati delle società coinvolte e sono rimasto un po’ disarmato perché la mia sensazione è che abbiano sottostimato il lavoro che c’era da fare.
E’ stata fatta una offerta al ribasso – dice Andrea Benveduti – che mi dicono essere andata oltre il 50% della cifra iniziale. Questa logica del massimo ribasso molte volte si è dimostrata veramente fallace, perché ti aggiudichi la gara, ma basta che ci sia il minimo inciampo, non stai nei costi e addirittura le aziende vengono a chiedere aiuto a noi. Come Liguria Digitale possiamo anche intervenire, ma poi dobbiamo fare fattura.
Adesso siamo a circa meno di dieci comuni per i quali era stato definito il discorso della banda larga. Secondo me questo progetto è stato gestito malissimo con soldi che sono finiti non si sa bene dove per un servizio che attualmente non c’è.
Si può fare una nuova gara?
L’aveva fatto il MISE, l’aveva fatto il governo Renzi, ma insomma è lo Stato che la deve fare. Il digitale è fondamentale perché quasi tutte le attività dove non c’è la necessità di un contatto fisico si stanno riposizionando. Allora con il nostro bando abbiamo cercato, con il fondo perduto per il 60%, di dare un upgrade tecnologico.
Ho chiesto alla mia collega Cavo di attivare dei bandi di formazione, non solo per l’uso del computer in sé, ma anche per imparare un minimo di marketing digitale, una infarinatura sulla vendita on-line.
La vendita online sta aiutando settori come la ristorazione ma i negozianti sono molto in affanno. Che cosa potrebbe fare la Regione e perché siamo sempre dipendenti da aziende straniere?
Perché il liberismo – spiega Andrea Benveduti – imperante prevede che non ci sia la mano pubblica nemmeno nell’attivare alcune logiche. La Regione può cercare di aiutare con la digitalizzazione, non solo del ristorante ma di qualsiasi attività. Anche l’artigiano che produce maglieria con l’online può offrire i suoi prodotti sul mercato, perché il problema della Liguria, come dell’Italia, è quello della domanda interna.
Il 70% del PIL è legato alla domanda interna e dai governi Monti in giù c’è stato un crollo della domanda interna che anche prima del Covid non si era minimamente ripresa.
La Liguria poi è una regione di persone anziane, si è spopolata, è sceso livello del reddito, le grandi aziende piano piano sono sparite e quindi i soldi in tasca sono meno.
A questo punto le cose sono due: o faccio venire dalla gente qua o proviamo a portare la merce su un altro mercato, ma fisicamente non si può fare per tanti motivi, non solo il Covid. Anche perché il piccolo artigiano non ha la testa, le competenze e le risorse per andare a fare una fiera ad Amburgo, mentre il proprio negozio virtuale, una bottega digitale, dovrebbe funzionare.
Bisogna ovviamente lavorare anche con la Camera di Commercio e con le associazioni che potrebbero creare delle piattaforme o agganciarsi a piattaforme esistenti: non dobbiamo demonizzare Amazon o eBay. La tecnologia di per sé è neutra, dipende da come la gestisci, da come la usi.
Queste piattaforme dovrebbero avere intanto una tassazione nel paese dove operano e poi,magari attraverso una forma di convenzioni o di indiretta tassazione locale, il produttore dovrebbe avere delle condizioni di accesso corrette: il produttore di sciarpe artigianale dovrebbe poter andare su Amazon senza che gli porti via il 25% del margine.
A Genova è arrivata la piattaforma logistica di Amazon e il nuovo Esselunga. In un momento di crisi come questo sono elementi che aiutano il commercio? il commercio di prossimità è destinato a fallire?
Che il commercio di vicinato sia crisi è un dato di fatto, già dalle liberalizzazioni di Bersani di vent’anni fa. Il magazzino Amazon non è fondamentale – continua Andrea Benveduti – perchè questa zona è servita da Piacenza, è solo un polo logistico. Esselunga è una struttura che mancava: è stata aperta la qualunque, perchè non Esselunga? allora o si fa una legge nazionale dove si vieta la grande distribuzioni o non possiamo realmente mettere dei divieti.
A me piacerebbe trovare un modello innovativo che non è solo quello di “Apri e chiudi”, perché se io chiudo fra un anno non è cambiato niente. Anche perché le grandi aziende portano in parallelo 4 o 5 progetti, accelerando sul progetto più veloce e rallentando su quello che ha qualche ostacolo.
Se a Genova ci sono problemi, lo fanno a Udine e l’anno dopo ritornano su Genova, non cambia nulla. Bisogna fare un minimo di sinergia: ad esempio chi viene in Liguria si impegna a comprare una certa percentuale sul territorio, questo spinge sul lato della domanda che nel medio termine fa moltiplicare l’offerta. Allora se vedi che c’è una continua richiesta di basilico, è possibile che il vicino di casa che produce basilico si rimetta al lavoro.
La seconda cosa è come costruisci un edificio: fatto in un certo modo, con un risparmio energetico, magari con una piccola produzione solare. Terzo criterio è la garanzia del lavoro, quindi con dei contratti in un certo modo, impegnandoti a prendere un tot di persone per metro quadrato che poi sono stato condiviso.
Certo la parte più difficile è andare a supportare il piccolo commercio. Una soluzione è che se i grandi si impegnano a comprare, ad esempio il salame di Torriglia, il negozietto può arrivare a vendite che da solo non farebbe.
Insomma, l’Italia è un paese dove c’è il libero commercio – precisa Andrea Benveduti – però se vieni, io ti metto una serie di criteri, magari con un emendamento alla legge regionale sul commercio. Se vuoi venire ti devi impegnare a restituire sul territorio un qualcosa, tanto il trend è quello, non possiamo fare una marcia indietro di vent’anni.
Che impatto ha avuto il Covid sulla portualità di Genova? Vediamo molto spesso navi che stazionano in rada per molto tempo.
Le navi in rada mi dicono che è un modo per mitigare i costi, piuttosto che stare attaccati per giorni alla banchina. Per quanto riguarda la portualità c’è stata ovviamente una contrazione dei consumi, nel momento in cui si ritorna a fare una vita normale, più o meno il problema si risolve.
Il problema della portualità genovese e ligure sono le infrastrutture: una nuova logistica potrebbe attirare grandissimi investimenti stranieri. Per adesso sono tutti in stand-by perché non si fidano molto dell’effettiva realizzazione dei progetti, però ho avuto già due incontri con realtà molto molto importanti che mi hanno espresso la stessa visione strategica.
Cosa ne pensa della lotteria degli scontrini e del cosidetto cashback?
Onestamente se pensano di risolvere il problema delle crisi commerciale e del consumo con la lotteria degli scontrini non ci siamo. Mi sembrano quei paesi del secondo mondo, come in Sud America, dove vedi la gente disperata che compra i biglietti della lotteria perché spera di uscire dalla miseria.
Anche la totale smaterializzazione del denaro è una forma molto rischiosa di gestione dell’economia e della società, e non contribuisce a niente, tantomeno all’evasione fiscale.
Che poi di fatto l’evasione – spiega Andrea Benveduti – che pesa veramente non è certo il piccolo commerciante che evade per sopravvivere ma sono le grandi multinazionali, le grandi illusioni: solo i paradisi fiscali europei sottraggono all’imposizione circa 26 miliardi di euro all’anno. E parliamo di una elusione legale, cioè solo tramite l’uso dei sistemi internazionali ed europei, quindi la trovo veramente un’idea molto squallida a meno che non ci sia malizia di fare guadagnare qualcuno.
Immagina di inviare un telegramma al Ministro Gualtieri
Poverino, credo che quello che può fare lo faccia già. Se devo mandare un telegramma lo manderei a chi comanda Gualtieri.
E chi comanda Gualtieri?
Siccome io parlo tedesco potrei scriverlo in lingua madre, però il buon storico Gualtieri fa il compitino che gli viene assegnato.