Giovanni Toti. Intervista, il futuro della Liguria

Dopo una piena riconferma alla guida della Liguria, il Presidente della Regione Giovanni Toti commenta con il Direttore Editoriale di Scripta Manent, Roberto Trizio, e l’opinionista Alice Salvatore alcuni grandi temi, fra cui parecchie preoccupazioni sul futuro dei liguri.

Trizio: Presidente Toti: riconfermato pienamente con più preferenze della Lega. Per quale motivo i liguri l’hanno preferita ai suoi alleati?

Credo che Cambiamo! abbia interpretato quella voglia di concretezza, di moderazione, di stabilità, quel po’ di “ecumenismo” che in qualche modo ha pervaso il nostro elettorato, soprattutto alla luce del Coronavirus, che ha cambiato l’approccio degli italiani e dei liguri alla politica.

I cittadini chiedono risposte concrete e serie, chiedono dei toni sobri. La situazione è molto preoccupante e credo che le simpatie dei Liguri si siano concentrate su una lista come Cambiamo! perchè rappresenta un centrodestra più classico, forse più radicato con i settori produttivi, che cerca di dare risposte senza velleitarismo e soddisfa un desiderio di stabilità.

Credo siano questi i motivi per cui Cambiamo! ha prevalso rispetto ad altri movimenti alleati che hanno cavalli di battaglia più legati al mondo della protesta, come sui temi dell’immigrazione, o come il patriottismo di Fratelli d’Italia, che hanno lasciato un po’ il passo ad altri problemi degli italiani.

Trizio: Come cambiano i rapporti nel centrodestra ora che Lei ha più forza della Lega?

Il rapporto è molto solido perché cementato da cinque anni d’alleanza in una regione dove il centro-destra è stata una minoranza culturale e politica per molto tempo, aldilà dell’amicizia personale che mi lega a moltissimi esponenti delle forze di maggioranza della Regione.

In realtà i rapporti di forza non sono cambiati: è una Giunta che sta continuando il lavoro della Giunta precedente. Anche le deleghe sono sostanzialmente rimaste inalterate, nelle mani dei partiti che le avevano già precedentemente, perché stiamo portando avanti un percorso.

Da questo punto di vista non vedo particolari problemi: stiamo lavorando sui settori più faticosi, come la sanità, dove abbiamo lasciato le deleghe alla Presidenza. Durante una pandemia le decisioni di carattere medico non riguardano solo la sanità in senso stretto, ma più in generale l’equilibrio di tutta la Regione, quindi era giusto che a gestirle fosse la Presidenza.

Trizio. Dalle opposizioni insinuano che Lei si stia preparando per proporsi come leader nazionale a Roma, e che presterà poca attenzione alla Liguria. Come fosse solo un trampolino di lancio.

Come Presidente io lavoro 16/17 ore al giorno per la Liguria. Non vedo le due cose come separate o antitetiche. Al contrario: il nostro obiettivo è quello di far contare maggiormente la Liguria in Italia, cosa che credo ci sia riuscita anche nella scorsa legislatura, attraverso la vicepresidenza della conferenza delle regioni e attraverso alcuni progetti che hanno portato la Liguria ad una ribalta nazionale, dalla rinascita del Ponte San Giorgio al modello Genova.

Se poi tutto questo potrà essere di spunto per i partiti nazionali del centrodestra per fare quella piccola grande rivoluzione che ancora manca e per costruire un centrodestra un po’ diverso da quello degli ultimi vent’anni, tanto meglio.

Tutti i partiti stanno evolvendo nel corso di questo tormentato periodo del virus. Siamo qui per dare il nostro contributo, ma non abbiamo particolari ambizioni, se non quella di fare della Liguria un esempio.

Salvatore. Il recovery Fund per la Liguria, con i suoi 25 miliardi, è una grande occasione. Che cosa verrebbe destinato alla sostenibilità ambientale?

Molto. Anche perché è un indirizzo – spiega Giovanni Toti – che ha dato l’Europa, da cui non ci possiamo certamente sottrarre. Va detto però che il Recovery Fund è un tema che riguarda soprattutto il governo centrale: le regioni, pur essendo sul territorio, non hanno un vero e proprio ruolo nell’architettura del Recovery Fund.

Il governo italiano però sta perdendo molto tempo in discussioni talvolta anche incomprensibili: francamente dal “Ciao” di Renzi alla cabina di regia di Conte, mi sono un po’ perduto nel percorso che il Governo vorrebbe fare.

Per noi la sostenibilità ambientale è un progetto gigantesco che comprende quello dell’intera elettrificazione di tutti i nostri porti perché è chiaro che bisogna puntare sui grandi problemi liguri.

Penso alla nuova diga di Genova, ma anche al vecchio bacino di San Pier D’arena, il porto di Vado Ligure che sta decollando proprio in queste settimane e le crociere per le quali nei prossimi anni si prevede un raddoppio degli ordinativi.

Penso a tutte le opere infrastrutturali che costruiremo e che andranno ad impattare anche sull’ambiente come il terzo valico per svuotare l’autostrada tra Milano e Genova o raddoppiare la ferrovia di Ponente, e certamente qualche cosa che aiuta il traffico verso la Costa Azzurra, Marsiglia e Barcellona. Ma anche la pontremolese o il porto di Spezia.

Mi auguro che il Governo faccia un po’ meno rumore e lavori un po’ più concretamente, perché nel 2026 quelle opere dovrebbero essere pronte. Siccome siamo nel 2021 e sappiamo che i cantieri in Italia sono sempre cosa faticosa e macchinosa da mettere in moto, non vorrei che ci trovassimo a discutere di cosa faremo sul prossimo Recovery Fund, perché nel 2026 – conclude Giovanni Toti – i soldi europei si cancelleranno.

Trizio. Sul fronte Covid Lei è critico sul sistema di regioni gialle, arancioni e rosse. Ha detto che tenere la Liguria in restrizione durante il Natale è stato punitivo per l’economia. Se fosse stato totalmente libero che cosa avrebbe fatto?

Io avrei lasciato – spiega Giovanni Toti – più libertà nelle giornate del Natale, ben sapendo che ogni spazio di libertà comporta un aumento del contagio. Dopodiché il punto è che noi abbiamo copiato il sistema Merkel, talvolta nel modo sbagliato.

La Germania è un’economia basata per lo più sulla grande manifattura e sulle grandi fabbriche dell’automotive, ed è un’economia che a Natale e Capodanno si ferma.

Ma noi abbiamo un’economia che in gran parte dipende dal terziario, dal turismo, dai servizi, tutte cose che a Natale si incrementano. Io avrei fatto qualche cosa di un po’ diverso: avrei lasciato più spazio a Natale per poi chiudere subito dopo, in modo da recuperare quel che si è perso in termini di epidemia.

Quello che rivendico da sempre e che è inutile chiudere zone dove il virus si è visto solo in televisione e non chiudere zone dove il virus circola abbondantemente. Viviamo in Liguria e sappiamo bene che tra San Pier d’Arena, il centro storico e la Valbormida, c’è una densità abitativa e un volume di contatti sociali molto diversi, e trattare la Val Bormida come il centro storico di Genova, è un appiattimento nocivo per tutti.

Salvatore. La Liguria ha visto scomparire dalla scena l’ex assessore alla sanità Sonia Viale. Lei come Assessore alla sanità che cosa farà di meglio?

Fare di meglio è sempre auspicabile. Partendo dal buon lavoro che ha fatto l’assessore Viale cercheremo di portare avanti una riforma che è costata molto fatica nella scorsa legislatura e che credo che abbia in sé alcuni buonissimi propositi, talvolta non applicati fino in fondo, perché il mondo della sanità è molto complesso.

Basti pensare ai 25.000 dipendenti che vi ruotano intorno e al fatto che la sanità pesa per circa il 78% del bilancio della nostra Regione.

Credo che si debba specificare meglio il ruolo di Alisa, che si debba ridare un po’ di autonomia alle Aziende Sanitarie nei territori e che si debba accelerare l’edilizia sanitaria. Purtroppo il coronavirus ha cambiato un po’ le prospettive per tutti noi ma certamente gli ospedali a Spezia e Imperia sono la nostra assoluta priorità, così come alcune riflessioni su Erzelli.

Il fatto è che la sanità privata molto spesso sovraperforma, cioè è in grado di offrire molti servizi, ma che spesso sono di media e alta complessità di cura, che rendono al privato e che aiutano a svuotare un po’ le liste di attesa.

E’ anche vero che la pandemia ci ha dimostrato – spiega Giovanni Toti – che in alcuni casi estremi questo sistema non ha funzionato o ha funzionato solo parzialmente, quindi bisogna ridisegnare anche il quadro della sanità Ligure alla luce di quello che stiamo imparando dal Covid, credo che sia un obbligo più in generale della Liguria, ma anche del Paese.

Trizio. Ha appena aperto l’Esselunga in via Piave, ma ancora prima il polo logistico di Amazon: insomma la Liguria si sta aprendo anche alle grandi aziende. Ma la grande distribuzione è considerata come il killer dei piccoli commercianti. Come si fa?

Io non credo, e le statistiche ci confortano, che il nemico del piccolo commercio sia la grande distribuzione. Il nemico del piccolo commercio è un mondo che sta cambiando, i giganti del Web che entrano nelle nostre case quotidianamente, la mancata differenziazione della tipologia merceologica basata sulla qualità.

Pensare ad una distribuzione efficiente attraverso il piccolo commercio di vicinato, che offra gli stessi prodotti che vende Amazon, Esselunga, Coop o gli altri colossi del mondo, credo sia una battaglia di retroguardia.

Bisogna valorizzare – continua Giovanni Toti – il piccolo commercio su tutte quelle lavorazioni e prodotti di alta qualità che invece la grande distribuzione fatica a tenere sul mercato perché non è conveniente o perché hanno produzioni talmente ridotte da non consentire l’economia di scala necessarie ai grandi gruppi.

Questa è la via per il piccolo commercio: noi dobbiamo dare ai nostri cittadini la possibilità di comprare nelle botteghe del centro storico dei prodotti che abbiano il colore, il sapore della tradizione e la qualità del prodotto, necessariamente di nicchia.

Altrettanto si deve consentire un paniere della spesa meno caro perché il fatto che ci sia concorrenza fra grandi gruppi, anche on-line, fa in modo che i prezzi scendano anche del 20/25%.

Tenuto conto che un terzo del reddito di una famiglia viene speso per comprare generi di larga necessità, dal dentifricio alla cena da mettere in tavola la sera, un 20% di risparmio è qualche cosa di molto sensibile pere le tasche di tutti i cittadini.

Salvatore. Ci sono attacchi dal PD e dalla sinistra in genere per un presunto rapporto preferenziale con Primocanale. Cosa risponde a queste accuse?

Rispondo che la sinistra non interpreta né l’esigenza di comunicazione né l’esigenza di informare. Associa un intrattenimento per i cittadini con la “propaganda” semplicemente perché non è controllata da loro, perché poi un giornale come Il Fatto Quotidiano, riferimento del principale esponente dell’opposizione politica in questa regione, prende soldi costantemente dal Governo e da Palazzo Chigi.

Penso che la comunicazione faccia parte della politica e che informare i cittadini sia un dovere della politica, lo ritengo assolutamente scontato. E se qualcuno ritiene che sia “propaganda” riuscire ad avere uno spazio per la Protezione Civile dentro un emittente Ligure che informa i cittadini, penso sia un problema loro, non mio.

Per quanto riguarda la divisione delle risorse, – spiega Giovanni Toti – l’abbiamo sempre fatto in modo assolutamente rigoroso sulla base dei dati d’ascolto, sulla base della penetrazione all’interno delle province della Liguria e sulla capacità produttiva dei singoli media a cui ci rivolgiamo. Come fa una grande azienda con Mediaset, dove ho lavorato 20 anni: si pagano le teste che raggiungi.

Se ho bisogno di rivolgermi ad un pubblico sofisticato verrei a cercare editori sofisticati come Scripta Manent, se ho bisogno di raggiungere tutte le persone dentro le case per spiegargli che c’è l’allerta rossa, uso dei media generalisti che siano accessibili a tutti, la trovo una polemica francamente poco comprensibile.

Trizio. I social network sono piattaforme dove la comunicazione è molto rapida, anche troppo. E’ un canale adatto per un politico?

Direi che è una domanda più teorico- filosofica che pratica, perché oggi credo sia imprescindibile per chiunque usarli. Abbiamo vissuto quattro 4 anni dove il Presidente della prima potenza nucleare del mondo comunicava sostanzialmente solo via Twitter, e talvolta in modo anche un poco sconclusionato.

Direi che per i politici è indispensabile usare i Social: credo che tutti quanti dovrebbero fare uno sforzo per usarli al meglio, per non cavalcare i peggiori istinti, per utilizzarli nel modo più neutro possibile, senza eccitare gli animi di chi ci naviga sopra costantemente. Penso che ormai il mondo sia quello, e in qualche modo amplia anche la libertà di informazione.

Poi non tutto il male viene per nuocere: vero che sui social spesso si annidano i peggiori istinti dell’uomo, vero che quegli istinti c’erano anche prima, forse non si dimostravano così platealmente perché non vi era un mezzo con cui comunicarli.

E’ vero anche che oggi, rispetto a ieri, un cittadino che ha qualcosa da dire ha una piattaforma libera e gratuita dove andare.

Poi chiaramente ogni editore coltiva anche interessi economici che evidentemente influenzano il proprio giornale o linea politica: ogni giornale ha la sua linea, il suo direttore, i suoi giornalisti, la sua cultura e i suoi inserzionisti pubblicitari.

Trizio. Sui social abbiamo visto che ha fatto il pranzo di Natale da solo.

Sì l’ho fatto da solo, – dice Giovanni Toti – devo dire che ogni tanto stare da solo qualche ora non guasta. Sarei dovuto andare da mia suocera con mia moglie, ma siccome si prevedeva che potessero andare solo due persone a trovare un parente, è andata mia moglie, con sua sorella Pamela.

Io ho guardato un sacco di film che non avevo visto nel corso dell’anno e devo dire che non è stato uno spiacevole Natale.

Salvatore. Immagini di inviare un telegramma a Giuseppe Conte che cosa gli direbbe?

Fate in fretta. Stop.

Per tutto quello che riguarda il Recovery Fund, il Mes e tutte le decisioni che devono prendere. Ci sono le leggi di spesa da modificare: l’ho ripetuto agli amici di centro-destra, l’ho detto più volte a questo governo.

Se non cambieremo le leggi di spesa di questo paese ci ritroveremo pieni di debiti perché il Recovery Fund sono soldi che prendiamo a debito. E – continua Giovanni Toti – se non riesci a mettere insieme i mattoni uno in fila all’altro, tra gare europee, progetto definitivo e progetto esecutivo, arriveremo a 2026 guardando l’orizzonte, parlando di futuro, ma senza aver messo insieme né due mattoni, né due cavi elettrici né una fibra ottica.

Trizio. Le manca il periodo in cui faceva il giornalista?

Beh, ogni tanto sì.

Per la verità la politica e il giornalismo non sono così diversi: in politica devi comunicare per spiegare il tuo progetto e cercare di farlo capire, e creare un consenso. Credo che si debba governare sempre attraverso un progetto largamente condiviso e compreso, così che più facilmente venga portato a termine il che non è molto diverso che fare un’intervista o scrivere un editoriale.

Si dà una una linea di pensiero, si cerca di crearci intorno del consenso offrendo una spiegazione che consente agli individui di fare la scelta giusta.

Sono mestieri, ovviamente molto diversi: il giornalismo dovrebbe avere un oggettività che la politica non richiede. Anzi la politica è di per sé una parte.

Però anche i giornali giocano – spiega Giovanni Toti – per il proprio progetto, per la propria edicola, per i propri spettatori, quindi non mi ritrovo così lontano.

Fare il giornalista significa conoscere le persone, capire i fenomeni e avere il lusso di essere pagati per farlo. Credo sia una delle cose più interessanti del mondo, e non escludo affatto di ritornare a farlo quando avrò finito questo periodo in Liguria.

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