Il parco archeologico del Colosseo di fatto ancora non esiste, ma la soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale è stata già cancellata completamente. E lo fa una circolare ministeriale della direzione generale del Bilancio, in cui si comunica che «restano in capo al Parco archeologico del Colosseo il codice fiscale, il codice Ipa, il conto di Tesoreria intestati all’ex-soprintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale in considerazione del fatto che la gestione del maggior volume d’affari resterà in capo a tale istituto».
Di fatto tutta l’autonomia amministrativa, gestionale ed economica di cui godeva la soprintendenza viene trasferita all’istituto che ancora non c’è: la cassaforte dei monumenti di Roma. Ma nulla viene trasferito alla «rinominata» soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio di Roma, guidata da Francesco Prosperetti, che così commenta: «Delle motivazioni alla base di questa iniziativa non sono al corrente, la nota della Direzione generale del Bilancio da cui ha origine il provvedimento non ci è stata inviata. Dunque è una sorpresa difficile da commentare: per questo ho chiesto per iscritto che la nota ci venga inoltrata».
La circolare ministeriale, che di fatto cancella in modo definitivo l’esperienza della «speciale archeologica» è del 21 aprile, Natale di Roma, stesso giorno in cui la sindaca Virginia Raggi ha annunciato ricorso al Tar contro l’istituzione del parco archeologico. «La valorizzazione del patrimonio culturale, artistico e storico della città necessita di scelte condivise e collaborazione tra istituzioni, non di decisioni calate dall’alto», così ieri la sindaca ha ribadito la sua opposizione alla decisione ministeriale.