Raffaella Paita, ora Presidente della Commissione Infrastrutture alla Camera, tocca con Scripta Manent temi fondamentali.
On. Raffaella Paita, adesso che è Presidente della commissione infrastrutture, a cosa state lavorando?
E’ una commissione molto ampia, perché si occupa oltre che dei Trasporti anche di Poste e Telecomunicazioni. In questo periodo, il nostro compito principale è monitorare a livello parlamentare la logistica nella distribuzione dei vaccini. E’ una grande operazione di massa con delle particolarità, ad esempio la necessità di conservare a -75° un certo tipo di vaccino, e naturalmente devono essere approntate delle basi di destinazione logistica.
Va anche affrontato il tema della distribuzione vera e propria al cittadino. La vicenda dell’App Immuni, ma anche quella delle mascherine, non è stata una buona prova di efficienza nella guida di questa situazione. Il nostro obiettivo è di monitorare questo piano passo passo, per evitare che quegli errori si ripetano nell’occasione più importante che abbiamo di ritornare alla normalità.
Oltre a questo c’è il tema della realizzazione delle Infrastrutture, – prosegue Raffaella Paita – soprattutto in una regione come la nostra, che richiede tanta attenzione e innovazione nella capacità di realizzazione di opere nuove, con un controllo e un monitoraggio necessario per il futuro.
Quali sono i rapporti tra la commissione e l’esecutivo?
Intanto – spiega la deputata di Italia Viva – sono rapporti improntati al rispetto reciproco dell’autonomia esecutiva, che si concretizzano nel proporre decreti e norme, poi ci sono anche istanze che partono direttamente dal Parlamento come le proposte di legge.
Questo è un esecutivo che è nato per fermare i pieni poteri di Salvini ma non è l’alleanza migliore che avremmo voluto mettere in campo, alla quale avremmo voluto partecipare.
Questo esecutivo ha un senso finché si riescono a fare le cose e soprattutto finché le prerogative del Parlamento e, anche le proposte delle forze politiche che appartengono a questa alleanza di “circostanza”, sono sensate e in qualche modo accettate.
Questo è un momento di difficoltà: la proposta emersa da parte dell’esecutivo e cioè di gestire una vicenda straordinariamente importante come quella del Recovery Plan con una cabina di regia tecnica anziché politica, non ci convince.
E’ una gestione che – prosegue Raffaella Paita – esautora il ruolo del Parlamento e che probabilmente non saprà finalizzare risorse e progetti per 210 miliardi. Si tratta di una occasione storica per realizzare progetti nuovi che siano davvero capaci di rimettere in moto l’economia.
Vorremmo che il Parlamento non fosse escluso da questa discussione.
Non è la prima volta che Italia Viva si mette in contrapposizione con le altre componenti della maggioranza. Cosa pensi del governo giallorosso?
La maggioranza deve produrre un risultato che non sia contraddittorio rispetto al motivo per il quale è nato. Noi abbiamo fatto nascere l’alleanza, come dicevo prima, per non dare pieni poteri a Salvini, ma nemmeno a Conte. Noi vogliamo che il Parlamento, come dice la nostra Carta Costituzionale, venga rispettato.
Faccio degli esempi: – spiega Raffaella Paita – i nostri ragazzi sono i più sacrificati a livello europeo perché hanno perso molti giorni di scuola in più, e questo è avvenuto perché spesso i trasporti non sono stati all’altezza. Noi vorremmo che il 7 gennaio, data in cui i ragazzi devono tornare a scuola, il sistema dei trasporti fosse davvero pronto per reagire ad una situazione di emergenza e difficoltà, ma non ci sembra che si stiano attivando tutte le iniziative, le idee e i progetti per arrivare a quel risultato.
Se l’8 di Gennaio dovessimo avere un flop sul tema scolastico, penalizzando ancora i nostri ragazzi, magari con una nuova chiusura, sarebbe inaccettabile. Quando parliamo di progetti che vengano incontro alla vita dei cittadini, non lo facciamo con lo spirito di chi vuole rompere le scatole, ma di chi pensa che stare dentro una maggioranza politica serva a produrre dei risultati migliorativi rispetto a quelli che c’erano precedentemente. Se questo non avviene, non ha senso stare dentro la maggioranza.
Raffaella Paita in Liguria l’isola della Gallinara è stata venduta ad un magnate ucraino per 10 milioni di euro.
Assieme ai miei colleghi di Italia Viva sono stata la prima parlamentare a sollevare la questione, presentando al Senato un emendamento per evitare che si verificasse una situazione del genere e soprattutto che imponesse allo Stato di opzionare quella proprietà. In realtà con l’emendamento quella iniziativa da parte del governo c’è stata. Il punto è un altro.
In questo momento c’è un ricorso al TAR: vedremo quale sarà l’esito perché quel bene è vincolato e ha dei requisiti paesaggistici che devono necessariamente essere tutelati. Mi auguro che tutti quanti facciano la propria parte, per evitare che per la prima volta un bene paesaggistico, così importante e rilevante per la comunità ligure, vada a un privato.
In un intervista ha parlato del ritardo nella diffusione dei vaccini antinfluenzali. Quali potrebbero essere i problemi in quel caso?
Nel caso dei vaccini antinfluenzali – prosegue Raffaella Paita – non c’è stato un problema logistico, ma credo si sia verificato un problema nella produzione da parte delle case farmaceutiche ed evidentemente hanno sottostimato la situazione.
Bisognava tenere conto della richiesta, ragionevolissima, di vaccinare più persone possibili, perché la sommatoria tra la vicenda Covid e un’influenza normale non facesse entrare in crisi non soltanto la salute dei cittadini, ma anche le strutture sanitarie attuali.
Il secondo motivo è che i piani approntati e la quantità di vaccini ordinati non sono stati sempre efficienti, tant’è che ci sono situazioni molto variegate: in alcune regioni non c’è alcun problema di approvvigionamento dei vaccini.
Questo significa fare i conti con la gestione della sanità in Liguria, che io ho considerato sbagliata nei cinque anni precedenti e che ho spesso criticato, e considero ancora in una situazione molto complicata, spesso catastrofica.
Riguardo al Covid, – conclude Raffaella Paita – essendo una distribuzione di 202 milioni di vaccini in un arco temporale breve e con condizioni tecniche molto particolari, ci vuole ovviamente un piano. Noi ci auguriamo che possa essere davvero presentato in termini esecutivi dal commissario Arcuri e monitorato dal Parlamento.
A che punto è l’Italia con la distribuzione del vaccino?
Dobbiamo ottenere le approvazioni da parte degli organismi sanitari europei, e questo è un fatto legato ad un piano di distribuzione europea. Però credo che siamo a buon punto: ci dovrebbe essere un inizio, prima per le categorie a rischio, come quelle sanitarie, fino a tutta la popolazione, che potrebbe comportare una vaccinazione di massa entro l’estate.
Io personalmente ritengo che la vaccinazione dovrebbe essere obbligatoria e che dovremmo assumerci la responsabilità di una vaccinazione di massa, perché il nostro paese ha davvero vissuto una situazione gravissima in termini di perdite di vite umane e anche di crollo economico e occupazionale, che avrà conseguenze enormi nei prossimi anni.
La sanità dovrebbe essere gestita solo a livello centrale oppure a livello regionale, come accade ora?
Penso che la sanità debba essere una materia di competenza nazionale: l’ho sostenuto quando è stato fatto un referendum, quello perso da Matteo Renzi, in cui la riforma costituzionale prevedeva anche una sanità a livello nazionale, ma questo perché non tutte le regioni hanno una capacità di spesa identica.
La capacità di spesa dipende dalla popolazione di ogni regione: è evidente che le regioni più piccole sono penalizzate, e una regione piccola e anziana, come la Liguria, è ancora più penalizzata, perché la sanità per un anziano costa di più che per un giovane.
Se ci aggiungiamo le difficoltà trasportistiche, come in Liguria, capiamo che c’è un problema organizzativo sanitario che richiede la presenza anche di strutture intermedie.
Un sistema nazionale potrebbe essere capace di dettare le stesse regole, le stesse condizioni per ogni cittadino e questo avrebbe anche evitato le storture nell’organizzazione sanitaria, anche nel sistema lombardo, che messo alla prova dal Covid è andato in difficoltà.
Da donna di sinistra l’idea – prosegue Raffaella Paita – che un cittadino abbia meno diritti rispetto a un altro perché vive in un territorio più difficile, mi fa soffrire ed è una delle cose per cui voglio continuare a lavorare.
Ponte Morandi. Come commenti la trattativa in corso fra il Governo e Atlantia? Cosa faresti se fossi la titolare del Mit?
Non la commento. Ormai è una trattativa e non sono abituata ad intervenire a gamba tesa su vicende così complesse.
Io non avrei mai agitato lo spettro della revoca, perché ha distratto dal vero obiettivo, cioè capire le cause di questa vicenda.
Peraltro, alla fine non solo quella revoca sarebbe costata tantissimo ai cittadini ma si è visto che non era possibile farla. Quando lo Stato dà in concessione un bene pubblico, di qualsiasi natura, deve avere una capacità autonoma di controllo sulla gestione della concessione. Il limite che si è evidenziato in questa vicenda è che i controlli erano affidati allo stesso controllato: questo sistema non può funzionare.
Se ci sono dei privati che sbagliano è giusto che intervenga la magistratura e che arrivino sentenze dopo le verifiche.
Il punto è che lo Stato deve essere nella condizione – in qualsiasi momento – di controllare quella gestione e di verificare che le manutenzioni siano state fatte per bene.
Questo comporta un grande rafforzamento del ruolo del Pubblico: il fatto che ci sia il privato non significa che il pubblico debba smettere di svolgere la propria funzione e non è neanche verosimile immaginare che il pubblico sostituisca tutte le funzioni che oggi svolgono i privati.
Per esempio, il Ponte di Albiano Magra è caduto, ed è gestito da ANAS, cioè da una società di sostanziale egida pubblica. E’ evidente che il tema non è il privato o il pubblico, ma l’interconnessione tra questi due ruoli.
Immagina di mandare un telegramma a Toti. Che cosa gli diresti?
Gli direi di provare ad occuparsi un po’ di più della Liguria. Nel primo mandato eri capitato lì, per caso, a seguito di una vittoria che era più una sconfitta del centrosinistra per essersi diviso. Questa volta hai vinto con un vantaggio di 17 punti, rispetto all’avversario, Sansa.
Una persona che ha avuto una così alta capacità di convincimento dei cittadini ha l’onere, e credo anche l’onore, di governare davvero la Regione Liguria, occupandosi dei problemi reali, e se posso aggiungere una frase in quel telegramma: partire dalla Sanità, perché questo territorio sulla sanità ha sofferto tantissimo.
Lo pregherei molto, visto che è obbligato a governare almeno altri cinque anni, di mettere un po’ di attenzione nei confronti delle persone che stanno soffrendo.
Un telegramma a Conte
Siamo in una democrazia parlamentare che richiede una discussione sui momenti più difficili per il nostro paese. Questo – prosegue Raffaella Paita – è un momento di grandissima difficoltà, gli italiani hanno dimostrato di essere persone responsabili, hanno accettato limitazioni anche alla propria libertà, con grande spirito di sacrificio e dedizione.
Se però vogliamo fare in modo che dopo il blocco dei licenziamenti le persone non rimangano senza lavoro, devono avere un’opportunità reale di rimettersi in gioco.
Io spero, mi auguro, che sappia capire come il tema che ha di fronte è mettere in campo le migliori energie e competenze politiche e tecniche per portare avanti progetti davvero capaci di rimetterci in piedi e di farlo, soprattutto, per le generazioni che arriveranno dopo.
Se fossimo in un altro momento e se al posto di Conte ci fossero stati altri Presidenti del Consiglio si sarebbero fatti i comitati per la salvaguardia dei diritti costituzionali o parlamentari.
Oggi il clima è diverso: tutto sommato non rimpiango le battaglie strumentali che ho visto fare nei confronti di altri Presidenti del Consiglio. Ma la partita – precisa Raffaella Paita – è troppo importante, bisogna avere una giusta e seria considerazione degli equilibri tra i poteri dello Stato e fare del proprio meglio per uscire da questa situazione di crisi.
Quindi gli manderei un telegramma in cui il messaggio è che questo Paese ha bisogno di una politica responsabile, soprattutto di una politica che non può essere sostituita da figure che non sono state elette da nessuno e dare pieni poteri a commissari che non sono stati eletti da nessuno. Non rientra tra gli obiettivi che ho io, perché sceglieremo sicuramente un’altra strada.