Intervista. Brunetta: “Nessuno sano di mente può mettere in crisi Draghi”

Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione, in una intervista al Corriere spiega la situazione e quello che, secondo lui, ci vorrebbe per rilanciare l’Italia.

Viviamo una stagione eccezionale, di grandi rischi e grandi opportunità. Abbiamo bisogno di una politica economica capace di tenere insieme crescita e giustizia sociale, innovazione e coesione, spiriti animali del mercato e regole. Occorre cioè che questa grande eccezionalità non si trasformi nel caos, in una bomba sociale, in un tutti contro tutti» dice Brunetta.

Il Ministro poi passa ad una delle questioni più delicate, lo sblocco dei licenziamenti.

«Tornare al mercato è certamente una soluzione, ma non è sufficiente, perché sappiamo che il mercato del lavoro italiano non funziona, pandemia o non pandemia. Il Covid semmai ha irrigidito la situazione, l’ha incattivita. Per questo dico che servirebbe un nuovo Patto sociale, sul modello di quello per l’innovazione del lavoro pubblico che abbiamo già siglato il 10 marzo. So che c’è diffidenza verso la concertazione vecchio stampo. È comprensibile, ma la storia insegna che da noi le svolte epocali, dal congelamento della scala mobile con l’accordo di San Valentino del 1984 alla partecipazione all’euro, sono avvenute attraverso patti sociali volti a garantire insieme più crescita e più coesione. Anche oggi le riforme che abbiamo scritto nel Pnrr possono diventare realtà solo se c’è piena partecipazione delle parti sociali, delle Regioni e degli enti locali. Me lo dice la mia esperienza, soprattutto nel caso del Protocollo Ciampi-Giugni del 1993, arrivato a un anno dal Trattato di Maastricht. Oggi come allora serve una stagione di dialogo che abbia come obiettivo la nuova Italia nella nuova Europa. Occorre una piena integrazione tra pubblico e privato e il decentramento delle soluzioni nei territori per togliere spazio e terreno a chi vuole accentrare il conflitto».

Il Pnrr, se avrà successo, farà diventare più credibile l’Italia

«Tornare al mercato è certamente una soluzione, ma non è sufficiente, perché sappiamo che il mercato del lavoro italiano non funziona, pandemia o non pandemia. Il Covid semmai ha irrigidito la situazione, l’ha incattivita. Per questo dico che servirebbe un nuovo Patto sociale, sul modello di quello per l’innovazione del lavoro pubblico che abbiamo già siglato il 10 marzo. So che c’è diffidenza verso la concertazione vecchio stampo. È comprensibile, ma la storia insegna che da noi le svolte epocali, dal congelamento della scala mobile con l’accordo di San Valentino del 1984 alla partecipazione all’euro, sono avvenute attraverso patti sociali volti a garantire insieme più crescita e più coesione. Anche oggi le riforme che abbiamo scritto nel Pnrr possono diventare realtà solo se c’è piena partecipazione delle parti sociali, delle Regioni e degli enti locali. Me lo dice la mia esperienza, soprattutto nel caso del Protocollo Ciampi-Giugni del 1993, arrivato a un anno dal Trattato di Maastricht. Oggi come allora serve una stagione di dialogo che abbia come obiettivo la nuova Italia nella nuova Europa. Occorre una piena integrazione tra pubblico e privato e il decentramento delle soluzioni nei territori per togliere spazio e terreno a chi vuole accentrare il conflitto».

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