Reputazione online: sottovalutarla ti porta al disastro. 4 casi

Sottovalutare la reputazione online e la sua gestione porta al disastro. E questa semplice legge, che è sempre esistita sin dall’inizio del commercio, ha ancora maggior valore ai tempi di internet, quando la facilità con cui si può scrivere male di qualcuno e la possibilità di amplificare questo messaggio, vero o falso che sia, sono ai massimi storici.

Reputazione online: sottovalutarla ti porta al disastro. 4 casi

In questo articolo cercheremo di dare all’utente la percezione di quanto sia importante la reputazione aziendale, citando quattro casi in cui il web, e il modo sbagliato di gestire la propria immagine digitale, ha provocato un vero e proprio disastro, capace di mettere in crisi quattro marchi enormi come United Airlines, Domino’s Pizza, Amazon ed Apple.

La reputazione di United Airlines, distrutta da una chitarra

Era il 2009, quando Dave Carroll, si imbarca su un volo della United Airlines per un viaggio di lavoro. Dave è un musicista, il leader della band musicale “Sons of Maxwell“, e il suo viaggio si svolge nella più assoluta normalità e tranquillità. I problemi iniziano quando vengono scaricati i bagagli: la sua chitarra preferita, dal valore considerevole di 3500 dollari è rotta, inutilizzabile.

Le proteste non tardano a farsi sentire, ma non si riesce a trovare il responsabile, che potrebbe essere qualcuno all’aeroporto di partenza o di destinazione. Il fatto prosegue per nove mesi, perchè Dave intraprende una snervante lotta con il servizio clienti della United nel tentativo di farsi rimborsare il valore dell’oggetto. Alla fine la risposta della compagnia è netta: nessun rimborso od omaggio. Niente da fare.

Peccato che Dave è un musicista, e frustrato dalla situazione e dalla impossibilità di far valere i suoi diritti di fronte ad una azienda di dimensioni internazionali, si sfoga in un pezzo dal titolo significativo: “United Breaks Guitars”. Nel video, Dave è seduto su uno sgabello e canta le sue peripezie, prima che l’immagine cambi visualizzando altre scene come una serie di chitarre rotte sulla pista di decollo di un aeroporto, dei messicani che condividono la sua stessa difficoltà, fino alla ripresa della chitarra incriminata, rotta e penzolante. Il materiale viene diffuso su YouTube e in breve tempo diventa virale, come un manifesto contro i soprusi dei cittadini.

[ot-video type=”youtube” url=”https://www.youtube.com/watch?v=5YGc4zOqozo”]

E’ un successo: al momento in cui scriviamo il video è stato visualizzato da ormai 15 milioni di persone, e la storia di Dave è diventata sia un libro, in vendita nelle librerie o scaricabile in formato ebook, acquistato da tutti coloro che vogliono criticare i grandi marchi, ma soprattutto un movimento. Da ora in poi “United Breaks Guitars” sarà considerata per sempre come il simbolo di un singolo che non riesce ad avere giustizia di un torto subito. E “United”, il nome dell’azienda, non potrà più essere separato da questo fatto negativo, che ha calcato persino le pagine del New York Times.

Domino’s. La reputazione colpita da uno scherzo

Kristy Hammonds e Michael Sotzer, che danneggiarono la reputazione online della Domino's Pizza con un video di scherzi
Kristy Hammonds e Michael Sotzer, che danneggiarono la reputazione online della Domino’s Pizza con un video di scherzi

Siamo ancora nel 2009, e ci troviamo nelle cucine di una filiale di Domino’s Pizza. Qui in Italia non è molto conosciuta, ma negli Stati Uniti la Domino’s è una vera icona, una catena di fast food dalle immense proporzioni, seconda solamente a McDonald’s e Burger King.

Un dipendente, Michael Sotzer sta preparando dei panini per i clienti, e davanti al fornello gioca e scherza con il cibo. Si infila un pezzetto di formaggio nel naso e poi lo appoggia sulla fetta di pane, poi avvicina una fetta di salame strusciandola sul didietro e la infila in un hot dog. La scena viene ripresa dalla sua collega Kristy Hammonds, che fra una risata e l’altra, cerca di descrivere la scena.

Lo scherzo viene caricato su YouTube e per la Domino’s è un vero disastro. La facilità e comodità dei fast food ha un solo altro lato della medaglia: la scarsa qualità del cibo e la mancanza di pulizia, tanto che tutte le pubblicità del settore non fanno altro che sminuire e contraddire questo elemento, ben sapendo che si tratta della più forte resistenza all’acquisto. E il video non fa altro che colpire laddove la Domino’s, e tutti i concorrenti, sono più sensibili.

[ot-video type=”youtube” url=”https://www.youtube.com/watch?v=1D9PikBzNNo”]

La viralità del video è gigantesca e il danno è fatto, e la discussione si sposta su Twitter, dove acquisisce ancora più forza e danneggia in modo importante il marchio della catena di fast food. I due ormai ex dipendenti sono stati processati e condannati per aver alterato dei cibi a danno dei clienti della Domino’s. Gli esperti SEO assoldati dall’azienda hanno dovuto fare i salti mortali: le prime cinque pagine dei risultati di Google legate al nome e al marchio dell’impresa sono state per mesi dominate da questo fenomeno.

Amazon odia gli omosessuali. Un danno di reputazione online

Un errore tecnico di Amazon, e una sua errata gestione, portò un danno alla reputazione online di Amazon senza precedenti
Un errore tecnico di Amazon, e una sua errata gestione, portò un danno alla reputazione online di Amazon senza precedenti

E’ l’inizio del 2010, quando uno dei dipendenti del più importante sito del mondo di e-commerce, Amazon, si trova in Francia e si appresta a svolgere le sue normali mansioni. Deve aggiornare alcuni prodotti dell’immenso catalogo del sito, e per una svista, non si accorge di aver compiuto un piccolo errore, modificando erroneamente 57mila articoli online, con un piccolo ma sostanziale difetto.

L’errore non è immediatamente percepibile, ma nelle settimane successive, tutti i libri che parlano di racconti erotici gay o che hanno l’omosessualità come argomento principale, spariscono dalle statistiche degli oggetti più venduti. Non rimane traccia nemmeno nello storico delle vendite settimanali o mensili, e la cosa inizia ad insospettire il popolo omossessuale che si rivolge ad Amazon per i suoi acquisti.

Tante le richieste di chiarimenti, fra cui una eccellente: Mark Probst, autore di diverse novelle a sfondo omosessuale, scrive al servizio clienti e ottiene una risposta che vedremo essere fallimentare. In poche righe, il team di Amazon risponde:

[blockquote style=”1″]In considerazione di tutto il nostro portafoglio clienti , escludiamo materiale “adulto” dalla visualizzazione in alcune ricerche e best seller . Dal momento che queste liste sono generate utilizzando i volumi di vendita, i materiali per adulti devono essere esclusi da tale funzione.[/blockquote]

L’errore è facilmente intuibile: se Amazon era a conoscenza dell’errore tecnico, ha sbagliato a non ammetterlo subito. Si sarebbe trattato di un semplice disguido, che non avrebbe chiamato in causa un tema tanto delicato quando la discriminazione omosessuale. Se invece lo staff non sapeva la reale origine del problema, ha sbagliato a dare una risposta senza avere eseguito prima una verifica.

Comunque sia, il disastro era dietro l’angolo, perchè Probst e tutti gli utenti omosessuali hanno prontamente accertato la veridicità di questa affermazione, e hanno scoperto che le storie erotiche, anche piuttosto spinte, a tema eterosessuale erano perfettamente indicizzate e anzi, nella categoria Gay erano rimasti manuali su come prevenire lo sviluppo della omosessualità nei figli. Un clamoroso autogol che ha inchiodato il marchio di Amazon come “omofobo” senza possibilità di appello.

La rabbia è stata tale, che nel giorno di pasqua di quell’anno, il tema di principale discussione su Twitter fu #amazonfail, con insulti e offese di ogni genere al portale americano. Il trend superò persino la parola “Pasqua” e “Gesù“. Come ciliegina sulla torta, il team di Amazon fu preso alla sprovvista e decise per il silenzio stampa, scegliendo di non rispondere e negare ogni tipo di chiarimento sull’accaduto, cosa che ha ulteriormente confuso e frustrato gli utenti. Un errore tecnico non scoperto, ma soprattutto una errata gestione delle risposte e la non considerazione della sensibilità degli utenti, ha messo in crisi l’immagine di un colosso che, nel suo settore, non conosce concorrenti.

L’arroganza di Apple: oltre al danno di reputazione la beffa

La reputazione online di Apple venne danneggiata da una reazione errata alle rivelazioni di particolari sullo sviluppo di un prodotto da parte di alcuni giornali online
La reputazione online di Apple venne danneggiata da una reazione errata alle rivelazioni di particolari sullo sviluppo di un prodotto da parte di alcuni giornali online

Torniamo indietro nel 2006. La nota azienda Apple, con sede a Cupertino, sta sviluppando Asteroid, un dispositivo in grado di registrare musica in un ambiente anche solo leggermente insonorizzato. Obiettivo del prodotto è quello di far confluire la registrazione all’interno della applicazione di editing musicale Garage Band, per portare gli utenti a scegliere i prodotti Apple come piattaforma preferita per lo sviluppo della musica.

Due giornali, PowerPage e AppleInsider, delle vere autorità nel campo dell’informazione circa i prodotti della Mela, riescono ad ottenere alcuni dettagli sullo sviluppo del prodotto e li pubblicano online. Il danno per l’azienda è piuttosto importante: comunicare l’idea e la sua realizzazione in una fase così prematura del progetto dà il tempo ai concorrenti di preparare delle contromosse, minando l’efficacia di una ardita scelta di business.

Eppure Apple compie un clamoroso errore: decide di intentare una causa contro i due giornali con un unico obiettivo, quello di farsi rivelare con la forza l’identità delle fonti interne ad Apple che si sono permesse di spifferare dei dati così importanti per tutto il futuro del progetto aziendale. I due media proteggono con estrema forza la segretezza delle loro fonti ma Apple insiste, spiegando che secondo i loro avvocati esistono fonti legittime e illegittime, e vogliono necessariamente conoscere l’identità delle “talpe” in Apple.

A livello puramente legale, il tribunale degli Stati Uniti non ci mise molto a dichiarare corretto il lavoro dei due giornali, e a difendere non solo il sacrosanto diritto alla cronaca, ma anche alla riservatezza e all’anonimato delle fonti, costringendo Apple a rinunciare alla sua pretesa. Ma soprattutto a livello di reputazione, Apple si lasciò trascinare non tanto dalla rabbia, in quanto sembra improbabile che un team come quello di Cupertino decida di agire mosso dagli istinti e dai sentimenti, quanto dalla volontà di punire e dimostrare che un’azione del genere avrebbe avuto delle conseguenze.

Peccato che in tutto questo, Apple andò a colpire il concetto di cronaca, libertà di informazione e onestà delle notizie, un tema estremamente caro a tutto il web, un comportamento “arrogante” aggravato dalla posizione di assoluto dominio della Apple nel suo settore, il che rese l’azione ancora più detestabile nel pubblico. Alcuni commenti degli utenti italiani dopo la sentenza di assoluzione per i due giornali fanno ben capire lo scivolone di Cupertino:

[blockquote style=”1″]Ottimo. + tecnologia – arroganza[/blockquote]

La Reputazione online va gestita, specie dalle PMI, grazie a dei professionisti, molto prima che entri in crisi.
La Reputazione online va gestita, specie dalle PMI, grazie a dei professionisti, molto prima che entri in crisi.

[blockquote style=”1″]quanto vorrei vivere negli USA dove c’è libertà di stampa… qua in Italia la Apple avrebbe vinto in modo schiacciante[/blockquote]

[blockquote style=”1″]si, sn daccordo con voi! meno male che la Apple ogni tanto se la piglia in quel posto, altrimenti si tornerebbe ai tempi di hitler…uno comanda e tutti ai suoi piedi![/blockquote]

La reputazione online è fondamentale

Gli esempi riportati sono perfetti per comprendere quanto un errata gestione delle informazioni, dei processi produttivi, del modo di rispondere alla clientela, ma soprattutto di reagire a quanto accade, è in grado di mettere in crisi delle aziende con elevatissimi investimenti in pubblicità e in immagine.

Per le PMI italiane, invece, la situazione è ancora più complessa, in quanto generalmente queste non dispongono di enormi budget per risolvere o coprire cadute di immagine come queste. Per tali motivi, è fondamentale comprendere l’importanza della reputazione online, e attuare da subito una strategia di prevenzione, di gestione e di “cura” della propria reputazione online.

Roberto Trizio

Dopo una robusta preparazione in giornalismo scientifico e digitale, secondo le tecniche anglosassoni in forza ad USA Today, dirige i portali del gruppo Trizio Consulting. Su ExpoitalyOnline firma diversi approfondimenti e interviste

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